«Madeleine Férat», la sorella minore di Thérèse Raquin

«Sarebbe interessante studiare i cambiamenti che, in seguito a determinate circostanze, si producono talvolta in alcuni organismi. Questi cambiamenti, che partono dal corpo, non tardano a comunicarsi al cervello e a tutto l'individuo». Aveva l'acquolina alla bocca, quel cannibale letterato di Émile Zola, prima di servire la portata finale di Thérèse Raquin. La storia dei due amanti diabolici Thérèse e Laurent uscì nel 1867, ma Zola l'aveva sulla punta delle dita da due anni, quando scrisse il dramma à sensation intitolato Madeleine.
Così, visto il successo dello scandaloso romanzo, volle battere il ferro finché era caldo e, fra il 2 settembre e il 20 ottobre del '68, riprese in mano il plot di Madeleine per trarne La Honte, cioè «La vergogna», che divenne, in volume, Madeleine Férat. Lo divenne, beninteso, dopo che le proteste dei lettori dell'Événement, la rivista su cui stava uscendo, ne avevano bloccato la pubblicazione: troppo cruda, troppo peccaminosa, soprattutto troppo... vera o quantomeno verosimile la vicenda di Madeleine e del marito Guillaume e del di lei amante (e di lui compagno di collegio) Jacques. Ora riproposta da Elliot a cura di Riccardo Reim (pagg. 260, euro 18,60).
Più belli e affascinanti di Thérèse e di Laurent, Madeleine e Jacques sono meno maledetti. Ma entrambe le coppie scoppiano per l'autocombustione determinata da una passione criminosa. Se in Thérèse Raquin è l'uccisione del marito-cugino Camille a dar fuoco alle polveri, in Madeleine Férat è la mollezza di Guillaume ad attizzare il fuoco sotto le ceneri.

Mal ne incoglie a tutti quanti, tranne che al tremendo Zola, ormai pronto a sciorinare nel «ciclo dei Rougon-Macquart», la Storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero, tutto il suo naturalistico cannibalismo, e a diventare il maggior vivisezionatore delle umane disgrazie.

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