La «notte» dell’Occidente

La «notte» dell’Occidente

diQuali caratteristiche presenterà quella parte geografica del mondo che corrisponde all’Europa, in particolare all’Europa d’Occidente, verso la metà del 2000? Si può affermare con quasi assoluta certezza che la cultura che oggi siamo soliti indicare con il nome di «occidentale» e che la caratterizza, sarà quasi del tutto scomparsa.
Si può anche presumere che il processo di estinzione avverrà molto rapidamente. Il motivo è evidente: le culture vivono attraverso gli uomini che ne sono portatori. Verso il 2050 l’Europa sarà abitata da un gran numero di Africani insieme a gruppi di media consistenza di Cinesi e di Mediorientali, a causa della continua e massiccia immigrazione dall’Africa e dall’Oriente e dell’altissima prolificità di queste popolazioni, superiore in genere di almeno cinque volte a quella degli Europei. \
La morte dell’Italia è già in atto soprattutto per questo: perché nessuno combatte per farla vivere; persino perché nessuno la piange. È contro natura, contro la realtà dei sentimenti umani, ma è così: stiamo morendo, nel tripudio generale, con una specie di «suicidio felicemente assistito» dai nostri stessi leader, governanti e giornalisti. Non per nulla l’idea del suicidio assistito è nata in Occidente.
Le cifre sull’incremento demografico europeo sono abbastanza diverse passando da una Nazione all’altra (di solito più alte in Francia, in Svezia e negli altri Paesi del Nord), ma le previsioni sulla fine della società europea rimangono più o meno le stesse. I gruppi che popolano l’estremo Nord europeo, anche se più prolifici degli Italiani, sono però poco numerosi e di conseguenza non incidono in modo significativo sull’incremento totale; ma soprattutto quello che conta è la particolare dinamica dei singoli fattori culturali che sostengono la civiltà europea e che influiscono in modo diverso nelle varie Nazioni. La conclusione, in ogni caso, è chiara: i «portatori», i soggetti agenti della cultura occidentale, saranno sempre più in minoranza.
Per «minoranza» non si deve intendere, infatti, esclusivamente quella numerica in quanto gli Europei continueranno anche oltre il 2050 a essere, almeno in alcune zone, più numerosi degli Africani – ma quella psicologica: essere invasi e sopraffatti senza aver combattuto induce all’estinzione. Si tratta della situazione opposta a quella dei popoli conquistati con le guerre. Questi covano anche per secoli la propria resurrezione, resistendo alle imposizioni del nemico proprio perché è «nemico», e impegnano tutte le energie nel conservare la propria lingua, i propri costumi, la propria religione. In Europa uno degli esempi forse più famosi da questo punto di vista sono i Polacchi e gli Ungheresi che hanno resistito sotto il dominio straniero, russo e tedesco, con la consapevolezza orgogliosa della propria storia, del proprio coraggio, delle proprie virtù. Malgrado fossero costretti all’uso della lingua straniera, i Polacchi si sono rifugiati nella propria come nella più forte arma di difesa, convinti che lì si trovasse il principale strumento di salvaguardia della loro identità. \ Si tratta di una convinzione istintiva, anche se sono moltissimi gli scrittori che l’hanno affermato con assoluta sicurezza.

Fra quelli italiani, volendoli citare, ci sarebbe solamente l’imbarazzo della scelta, visto che non c’è stato nessuno, a partire da Dante via via attraverso i secoli fino all’unità d’Italia, da Petrarca a Galileo a Leonardo a Machiavelli a Vico a Cesarotti a Leopardi a Carducci a Pascoli a D’Annunzio a Croce, che non abbia difeso con tutte le sue forze la lingua italiana affermandone, oltre alla supremazia espressiva e alla ricchezza melodica in confronto a tutte le altre lingue, proprio la funzione di linfa vitale per l’identità del popolo che la parla: la lingua «sostituto della patria», come dice Luigi Settembrini.
Compariamo questo comportamento con l’invasione ricercata e voluta degli orridi anglo-americanismi nella lingua italiana in uso oggi, e sapremo perché stiamo andando verso l’estinzione.

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