«Il pensionante» è un inquilino scomodo

«Il pensionante» è un inquilino scomodo

Nella storia di Le locataire , romanzo di Georges Simenon scritto fra l'estate del '32 e l'autunno del '33, c'è un'altra vittima, oltre al riccone olandese Van der Cruyssen, ammazzato a colpi di chiave inglese sul treno Bruxelles-Parigi. La seconda vittima è il primo adattamento cinematografico del libro, Dernier refuge , di Jacques Constant. Le riprese iniziarono il 9 agosto del '39 negli Studios Saint-Maurice, vennero interrotte tre settimane dopo a seguito dell'entrata in guerra della Francia, poi ripresero e il film fu terminato nell'aprile del '40. Ma le proiezioni furono poche, perché nell'incendio del laboratorio della G.M. Films di Billancourt scoppiato nel '42, o '43, o '44 (nemmeno il regista e storico del cinema Henri Calef è riuscito a stabilire la data precisa) a causa di un bombardamento, andò distrutto il negativo: morte non accidentale di una pellicola. Dalle sue ceneri nel '47 Marc Maurette trasse un altro film, non memorabile, con lo stesso titolo. E nell'82 toccò a Pierre Granier-Deferre cimentarsi con il noir simenoniano, sfornando L'Étoile du Nord , con Simone Signoret e Philippe Noiret, non esattamente il fiore all'occhiello delle rispettive carriere.

Poca fortuna ha avuto Le locataire anche sui nostri scaffali. Uscito nel '62 nella collana «I Romanzi di Simenon» di Mondadori come L'ospite di riguardo , cadde poi nell'oblio. Dal quale ora lo recupera Adelphi, ritraducendolo grazie a Laura Frausin Guarino e restituendogli il bistrattato titolo: Il pensionante (pagg. 176, euro 18, da oggi nelle librerie). È, forse, il romanzo più internazionale dell'autore: olandese, come detto, la vittima; turco ma di origine portoghese Élie Nagéar, l'assassino; belga Sylvie Baron, la ragazza di vita che ha il primo come cliente di passaggio e il secondo come maledizione; polacchi - uno ebreo e uno no - due pensionanti di casa Baron; romeno un altro ospite; e infine ci sarà un po' di spazio anche per gli apolidi rom.

Da Istanbul e diretti a Bruxelles, a bordo della «Théophile Gautier» Élie e Sylvie si fanno gratuita compagnia: lui ha per le mani un potenziale affare con una partita di tappeti da piazzare nella capitale belga, lei torna a Charleroi, in famiglia. Ma a Bruxelles il caso vuole che i due s'imbattano nello sfortunato olandesone pieno di franchi francesi, di passaggio nel loro stesso hotel. È soltanto la brama di denaro o anche una strisciante e inconfessata gelosia a spingere il trentacinquenne Élie al delitto? La risposta, come sempre in Simenon, fluttua nell'aria (questa volta gelida nel nordico inverno) senza mai trovare fissa dimora. Invece una dimora la trova, con la complicità della bella entraîneuse , il latitante turco-portoghese, dopo la divisione dell'ingente posta. Quelle banconote da mille scottano, è meglio che io resti qui e che tu vada dai miei a Charleroi, hanno una camera libera... suggerisce Sylvie. Nella descrizione della parentesi al domicilio coatto del tremebondo criminale assaporiamo tutto il gusto del Simenon migliore. Lo studente di chimica Moïse, intirizzito dalla povertà; il ruvido e formale Domb; il bohémien romeno Valesco; la sorella di Sylvie, Antoinette, scaltra adolescente; il padrone di casa, grigio funzionario delle ferrovie; e soprattutto madame Baron, casalinga dal cuore fin troppo tenero... Tutti sono personaggi che meritano il primo piano. E l'ispettore giunto da Parigi, così corpulento e con la pipa in bocca, vi farà certo pensare a qualcuno di nostra conoscenza...

Il dramma conclusivo prelude al sotto finale invero molto cinematografico dove, tra la folla che si accalca per le vie di Saint-Martin-de-Ré, in Francia, per salutare o almeno intravvedere i partenti si stagliano due donne in modi diversi

insospettabili. Un'altra nave sta salpando, come qualche mese prima era salpata da Istanbul la «Théophile Gautier». Ma la sua destinazione questa volta non è l'illusione di una vita finalmente agiata. Si va alla Cayenna.

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