Perché quando sono al mare le donne si fotografano il lato B

Fenomenologia di un atto che ora spopola sui social

Perché quando sono al mare le donne si fotografano il lato B

Ci sono due attività per cui le donne sono abituate a partire in coppia, e noi siamo ormai abituati a vederle andare. La prima, ormai secolare e collaudata, è quella di recarsi alla toilette - anche se non abbiamo ancora capito perché lo facciano, né noi né loro. La seconda invece, di recente attuazione - complice la più moderna tecnologia messa alle nostre dipendenze - è quella di fotografarsi il culo in spiaggia. Ovvio è, tocca riconoscerglielo, che le foto qualcuno dovrà pur scattarle. Vero. Ma altrettanto vero è che queste veline mancate e iper-filtrate hanno scoperto, negli anni, trucchi per immortalarsi da sole che nemmeno se Vivian Maier, Cartier Bresson ed Helmut Newton avessero fatto un’orgia di pensieri. Quindi qualcosa non ci torna, almeno di primo acchito. Si capisce solo dopo che si tratta di un tacito accordo per uno scambio di prestazione.

Or dunque è interessante osservarle quando sono in procinto di armare la crociata per recarsi nel mare, rigorosamente in coppia. Metodologicamente l’approccio - senza inchiesta - parrebbe questo: alla prima che avanza la proposta di immortalare quella che ormai sono fiere paragonare all’emoticon di una pesca rovesciata, spetta essere fotografata per prima. All’altra, cui spetta il secondo turno, rimangono così sole due chances: copiare la posa dell’altra e sperare solo dopo di “pubblicare” la foto per prima; o meditare, mentre padroneggia a sua volta la scena, su nuove pose, sperimentali e sempre più conturbanti. Tutte sempre mirate, rigorosamente, ad immortalare il seedere. Per riassumere, comunque, possiamo dire che è una sorta di “chi arriccia appiccia”. E se sono tre o più, “ciripio, io” (gergo in voga tra i consumatori di canapa indiana).

Mistero rimane spesso il tono, ironico o non ironico, della proposta: e qui sarebbe davvero da informarsi alla prima amante sincera che incontrassimo. Ma la sincerità tra uomo e donna non è mai troppa. E in fin dei conti meglio così. L’Universo ha le sue leggi imprescindibili sulle quali è meglio non indagare. Dunque ci immagineremo qualcosa del genere: “Ei, ma se ci spariamo un’istagrammata del culo?”, dirà la prima. Al che la sodale, sempre pronta all’azione, risponderà: “Perché no? Andiamo a mezz’acqua dove la mia e la tua pesca parranno comunque uguali in base a quanto le porremo all’ammollo”. Perché è così che dopo attente e affascinate osservazioni dei set balneari, mi pare che funzioni la faccenda. Una sorta di ponderazione democratica. Simulacro o feticcio del set improvvisato, spesso un oggetto del desiderio apparentemente inutile: un ventaglio, un pallone, un paio di occhiali pentagonali, esagonali, ottagonali..., un cappello da ferrotranviere - che ci fa pensare, involontariamente, a Luca Sardella, navigato e celeberrimo conduttore dei programmi enogastronomici di Rai 2. Fascia mattina.

Ed è così che si appropinquano a sessioni fotografiche che durano anche 45 minuti netti per cercare il solo, unico scatto perfetto che verrà poi pubblicato. Oggetto d’interesse oserei dire antropologico è il “consiglio” semi professionale. L’una dirà all’altra: “inarca un poco la schiena”, o “fai la boccuccia”, o ancora “ruota leggermente la gamba destra”, “piegati, arrotati”. E poi scatti, di dritto e di rovescio, trattenendo o meno il fiato, in ginocchio e a pecoroni. Il set prevede, dopo ogni posa con la luce azzeccata, lo scambio di pareri tecnici. Perché dopo ogni posa, la posante esige di verificare il risultato. A volte, insoddisfatta, torna al suo posto di diva e ripropone la stessa posizione - trattasi di saluto al sole o della pecora - e poi, solo dopo essersi riunita con la fotografa che le presta una mano per aiutarla a fare ombra sullo schermo, le cede convinta il passo - se soddisfatta - e con esso il testimone: l’oggetto inutile poc’anzi citato. Quello che fa da accessorio alla foto e viene scambiato manco fosse la fiaccola olimpica. E allora si ricomincia. Fino al tramonto se necessario.

Per quanto riguarda l’età, che come suggerisce il galateo non si domanda mai ad una signora, possiamo tranquillamente considerare un ventaglio che s’apre dalla prepubertà alla trentina inoltrata. Pochi casi di menopausa e milfismo. Donne che ancora si concentrano, esclusivamente, sulla “selfistica”.

Scriveva Michel Houellebecq in uno dei suoi capolavori letterari, spesso tacciati di pornografia, che se le donne smettessero di indossare abiti succinti, noi uomini smetteremmo di guardare a loro come degli oggetti del desiderio. Anzi forse, addirittura, smetteremmo proprio di guardarle; e inizieremmo a curarci più dei nostri affari che di loro. Negandoci come fotografi enuchi o svuotati finanziatori. Meditavo a fondo su questo pensiero. Mentre fissavo comunque e malvolentieri quei culi, e mi dicevo: mi sono inerpicato fin qui per leggere in santa pace, e ora, invece... Non m’importa se l’unico neurone che alberga la loro scatola cranica si muove solo al ritmo di “jerusalema” - che c’ha quasi rotto le palle come “karaoke guantanamera” - o se quando le porti a fare il bagno potrebbero gridare sgomente davanti a tutta la spiaggia “Amo! Ce stanno i pesci in acqua”…

Così, a malincuore, ho dovuto ammettere la sconfitta dell’intelletto piegato di fronte alla carne viva; e ho consegnato la spada del comando - com’era usanza fare tra gli sconfitti al

tempo dei grandi duelli sui mari. Il capitano del vascello conquistato, consegnava la proprio sciabola al capitano che aveva conseguito la vittoria. Così io confesso loro la vittoria. Ottenuta su ogni lido, a colpi di culo.

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