La pittura italiana ha perso la faccia

Nel ritorno del figurativo s'afferma una nuova tendenza: i volti spariscono. Deformati, velati, liquefatti

La pittura italiana ha perso la faccia

La pittura italiana ha perso la faccia. Non nel senso che ha fatto qualcosa di cui vergognarsi, anzi: i pittori italiani sono bravi come non mai, dopo il Rinascimento non sono tanti i decenni che possano vantare decine di artisti valorosi come questi nostri Anni Dieci. Ha perso la faccia nel senso che nella pittura italiana di oggi le facce sono scomparse, raschiate, cancellate e ne ho avuto la conferma definitiva quando, pochi giorni fa, Agostino Arrivabene ha vinto il Premio «Michetti» raffigurando un uomo con il volto risucchiato da una specie di ectoplasma. Vorrei fosse chiaro: Arrivabene è uno dei migliori pittori italiani viventi e il «Michetti», intitolato al Francesco Paolo amico e sodale di D'Annunzio, è uno storico premio abruzzese e nazionale dove nel corso del tempo ho perfino ammirato qualche artista memorabile. Quindi non ce l'ho né col premiato né col premiante: semplicemente analizzo una tendenza e invito a prendere atto di una realtà.

Da qualche tempo è molto difficile riuscire a vedere una faccia integra in un buon quadro italiano. Grazie a Dio l'arte figurativa ha ripreso il sopravvento dopo le passate, trapassate stagioni di arte astratta e concettuale, ma ad abbondare non sono le facce bensì i corpi se non i tradizionali paesaggi e le tradizionalissime nature morte. Significativo anche il caso di Nicola Samorì, uno dei non tanti pittori italiani di successo in questo periodo di crisi economica e quindi artistica. La sua ultima mostra modenese ha registrato il tutto venduto, e non c'era una faccia. Samorì, virtuoso romagnolo, dipinge quadri tecnicamente fenomenali dove però i volti risultano liquefatti. Ma che cos'è? Una malattia?

Temendo di essere vittima di allucinazioni mi sono precipitato dalla sarda emergente Silvia Idili, la nostra piccola Frida Kahlo che con una rosa di stoffa nera tra i capelli vive e lavora in una grande cascina ristrutturata ai margini di Milano, di quelle dove nel XIX secolo si rompevano la schiena cento contadini per mettere qualcosa in tavola mentre in questo XXI cento creativi si spaccano la testa per mettere qualcosa su internet. Avrei fatto meglio a rimanere a casa siccome anche da lei, anche sulle pareti del suo studio, una faccia intera mica l'ho vista. Nel suo caso l'occultamento è più aggraziato (non per nulla è una donna) ma a parte questo i visi dei suoi soggetti sono tutti velati o comunque molto coperti. Non lontano, sempre periferia sud di Milano, abita Marco Mazzoni, disegnatore sopraffino che di facce ne realizza tantissime, e bellissime, peccato solo che siano senza occhi. Ma che cos'è? Un'epidemia? Poi sono andato a Pesaro da Gabriele Arruzzo che è il genio incompreso di questo tempo gramo e vedo un brigante ottocentesco in scala uno a uno dove al posto della faccia c'è una perfetta losanga nera. Allora mi sono rivolto a Internet dove ho trovato Pietro Roccasalva, baconiano di stretta osservanza e di larga (anche internazionale) fortuna, e i suoi volti deformati oltre il limite della riconoscibilità. E potrei continuare se non mi fosse venuta la malinconia.

Forse per capirci qualcosa dovrei buttarla in politica. Che questi occultatori della individualità siano figli del grillismo, l'avvilente movimento politico in auge qualche mese fa secondo il quale uno vale uno e quindi nessuno vale alcunché? O forse dovrei buttarla in filosofia e convenire con Emanuele Severino che il dominio della tecnica conduce inevitabilmente al tramonto dell'umanesimo e quindi dell'uomo? Mi verrebbe facile buttarla in religione e tirare in ballo l'eresia iconoclasta che oggi si è nuovamente infiltrata nel clero cattolico (basti vedere le pareti delle nuove chiese) e che il teologo Solovev considerava la negazione di «tutte le possibilità di redenzione, di santificazione e di unione con Dio del mondo materiale». Mah, chissà.

L'unica cosa certa è che i pittori succitati stanno cercando di dirci qualcosa. Arrivabene, leggo nel suo ultimo catalogo, «si sente come uno sciamano che lancia nel mondo profezie» e allora va detto che i suoi oltretombali soggetti senza faccia non preannunciano nulla di buono. Forse il dilagare della pittura degli Uomini Sfacciati, indipendentemente dalle motivazioni dei singoli artisti (che sono tutte diverse) segnala la temperatura del pessimismo italiano. Fondatore del fenomeno è l'inglese Francis Bacon, personalità distruttiva e autodistruttiva che esplose, non a caso, nei cupi Anni Quaranta. Ma dopo di lui i pittori inglesi hanno ricominciato a farle bene e a farle sane, le facce, e oggi l'arte del ritratto vive Oltremanica un bel momento grazie anche a ritrattati illustri come i Windsor e Kate Moss.

Ancora maggiore è l'entusiasmo figurativo degli Stati Uniti, dove facce e faccioni (con occhi, bocca, naso e tutto quanto) abbondano in ogni galleria. Solo noi insistiamo a crogiolarci nella decomposizione e nella perdita, solo noi, popolo sfiduciato, produciamo così tanti bravi artisti che fanno venire così tanto in mente la morte.

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