Poe, che traditore Avventure in rosa di un re del «noir»

Poe, che traditore Avventure in rosa di un re del «noir»

La leggenda nera che aleggia come Il corvo intorno a Edgar Allan Poe è stata alimentata, oltre che dalla sua vita e dai suoi scritti, dal suo peggior nemico. Il reverendo Rufus Griswold, critico e antologista della letteratura statunitense, godeva nel fare e disfare le carriere altrui. Certo, incluse i versi di Edgar nella silloge The Poets and Poetry of America, del 1842, un bigino per chiunque, nei salotti americani di metà Ottocento, voleva discettare di libri, ma lo vedeva come il fumo negli occhi. Al punto che, quando il genio dell'orrore morì, lo ricordò con queste odiose parole: «Edgar Allan Poe è morto. È morto a Baltimora l'altro ieri. Questo annuncio susciterà lo scalpore di molti ma in pochi ne saranno addolorati». Quale fu il motivo di tanto livore? Una risposta, romanzata ma plausibile, ce la fornisce Lynn Cullen. Ed è una risposta destinata ad alimentare, sull'autore del Gordon Pym e di decine di racconti gotici e grotteschi, un'altra leggenda. Non più nera, ma rosa. La figura che Cullen impiega come base per costruire l'architettura sentimentale del suo lavoro è il classico triangolo amoroso. Perché in Mrs. Poe (Neri Pozza, pagg. 397, euro 17) a narrare in prima persona non è la fragile e macilenta Virginia Clemm, cugina e sposa bambina di Edgar al quale si unì all'età di 13 anni (lui ne aveva 27), bensì la fascinosa e invidiatissima Frances Sargent Osgood, nata Locke. Invidiatissima anche in quanto moglie del pittore Samuel Stillman Osgood, specialista in ritratti. E in relazioni extraconiugali, aggiunge Cullen.

L'azione del romanzo si svolge a New York tra il 15 febbraio del 1845, giorno del fatale incontro, e l'inverno del '47. Ospite con le due figliolette in casa di amici dopo che il farfallone Samuel è volato a Cincinnati per raggiungere la sua ultima conquista, Frances si arrabatta con i pochi dollari guadagnati inviando poesie a varie riviste. E di malavoglia partecipa a incontri mondano-letterari. Durante uno di questi scocca la scintilla che incendia i cuori di lei e di lui, l'uomo del quale tutti parlano visto il successo strepitoso della poesia Il corvo, il cui refrain, «nevermore», «mai più», è diventato un tormentone. Ma ecco entrare in scena, insieme alla povera Virginia che accompagna il consorte, l'altro intruso, quel Rufus Griswold che dedica all'imbarazzata poetessa un'untuosa corte. Già geloso di Poe a causa della sua mediaticità, Griswold lo diviene doppiamente per il palese flirt tra fedifraghi che in breve scala la top ten dei pettegolezzi nell'allora Piccola Mela. Alle maldicenze messe in giro dallo spasimante respinto (la leggenda nera, appunto, a base di alcol, droga etc.) si aggiunge l'ostilità alla liaison manifestata dalla zia Mary, madre di Virginia. La progressione geometrica con cui cresce lo scandalo non impedisce a Fanny e a Eddie di fare coppia più o meno fissa.

Ma quando la «colpa» arriva a essere talmente adulta da generare, durante una notte di passione, una pargoletta, sarà, per entrambi, l'inizio della fine.

Peccato. Chissà che cosa avrebbe scritto un Poe solare e finalmente realizzato sentimentalmente. Magari qualche romanzo nero-rosa.

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