E’ il “sentimento di ricerca appassionata o di attesa del possesso, del conseguimento o dell’attuazione di quanto è sentito confacente alle proprie esigenze o ai propri gusti” (Devoto Oli); il “sentire la mancanza di ciò che è piacevole, buono, necessario e tendere a ottenerne il godimento, il possesso” (Deli); “aspirazione, tendenza verso ciò che è piacevole”, “volere intensamente”, “moto dell’animo che aspira a un bene che gli manca”.
Tutti sappiamo che cos’è un desiderio, anche se definirlo con precisione non è impresa facile, per la gradazione di sfumature che racchiude. Affascinante è l’etimologia: deriva dal latino de-sidera, mancanza (de) di stelle (sidera, da sidus, sideris). Nel senso di “avvertire la mancanza delle stelle, cioè dei segni augurali”, e perciò “appetire qualcosa che manca” (Dir). Per il Pianigiani “togliere lo sguardo dalle stelle per difetto di auguri”, e cioè di buoni presagi. Deludente, in questo rincorrersi di cieli più o meno stellati, l’etimologia suggerita dal Cardinali Borrelli: da “de-sum”, sono privo, manco. Banale.
Il verbo desiderare ha un suo simmetrico in “considerare”, che significa esaminare, guardare attentamente, tenere in conto, riflettere, reputare: la derivazione è molto simile, qui sidera è abbinato a “cum”, che porta il significato a “osservare gli astri”, al fine
di trarre auspici insieme a loro. Non c’è simmetria, invece, nel sostantivo: a desiderio corrisponde considerazione, dove il suffisso –zione intende dare alla parola un significato meno statico-contemplativo e più attivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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