Dal rigattiere di parole: Scalogno e scalogna

Quella specie di “cipolla gentile” (Panzini), “più piccola e men forte della comune” (Rigutini-Fanfani) è stata riportata dai dizionari più antichi prevalentemente al maschile

Dal rigattiere di parole: Scalogno e scalogna

Quella specie di “cipolla gentile” (Panzini), “più piccola e men forte della comune” (Rigutini-Fanfani) è stata riportata dai dizionari più antichi prevalentemente al maschile, Scalogno, che oggi è infatti la parola usata per indicare l'“erba simile alla cipolla con bulbi a spicchi aggregati rivestiti da tuniche intere, ovati e oblunghi” (Treccani). L'origine del suo nome è Ascalona, antico porto del Mediterraneo, situato nella parte meridionale dell'odierna Israele, poco a Nord di Gaza; da qui venne quella che i latini chiamarono “caepa escalonia” o anche “allium escalonium”, sinonimi che fanno ben intendere come lo scalogno stia a mezza via, per forma e per sapore, tra la cipolla e l'aglio. Nell'Ottocento alla voce Scalogno il Panlessico rinvia al nome Ascalonia; ma è l'unico.

Almeno due dizionari (il Cardinali-Borrelli e il D'Alberti di Villanuova) indicano lo Scalogno come “una specie d'agrume”; ma all'epoca Agrume era anche (citiamo il CB) il “nome generico d'alcuni ortaggi, che hanno sapor forte, o acuto, come cipolle, agli, porri e simili. Fortume. Per metafora si dice di cosa noiosa, rincrescevole e fastidiosa. Oggi (1846, ndr) diciamo agrume a' limoni, melarance, cederni e altri frutti di questa specie”. Fortume a sua volta significa “Cosa di sapor forte”. Il cederno è il cedro. Tornando a scalogno, altri vocabolari (Masi, Tommaseo) citano anche i fichi scalogni, pure essi provenienti da Ascalona.

Ma la scalogna come la intendiamo noi – sfortuna, disdetta, iettatura, iella – che cosa c'entra con la cipolla? Secondo alcuni, nulla: perché viene fatta risalire al latino calumnia, che oltre a falsa accusa significa anche raggiro, frode, macchinazione. Ma stando ad altri autori, la Scalogna (lo Scalogno) è “una pianta che la superstizione ritiene portatrice di iella” (Treccani). Bisogna subito avvertire: mentre il termine botanico è sempre esistito, quest'ultimo significato è apparso tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso, quando cipolle e scalogne/i erano cibi di mense povere, sinonimo di miseria. Da qui, forse, la convinzione popolare che la sfortuna al gioco perseguitasse chi quel giorno avesse toccato cipolle (riferita dallo studioso friulano Valentino Osterman). La scalogna è infatti “sfortuna nel gioco e in altre contingenze di poco peso” (Dir), “portare scalogna” significa avere cattiva influenza sulla sorte, mentre “scalognato” è chi è perseguitato dalla cattiva sorte.

Merita di non essere dimenticata la gustosa descrizione dell'intera famiglia di questi ortaggi fatta nel Cinquecento da Luigi Alamanni, che riporta una bella gamma di sfumature: “La piangente cipolla, l'aglio olente, il mordente scalogno, il fragil porro”.

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