C hi rimpiange i vecchi sceneggiati, a settembre su Retequattro potrà ammirarne un moderno discendente: la seconda serie di Downton Abbey. Un serial televisivo che si rivela uno splendido romanzo storico per immagini. La prima serie è stata trasmessa in prima serata da Retequattro tra la fine del 2011 e l'inizio di quest'anno. Downton Abbey è ambientata in una monumentale dimora dello Yorkshire, incastonata in una grande tenuta. Siamo nel regno di Giorgio V (incoronato nel 1911), l'età edoardiana, gli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra. Il Titanic affonda nell'aprile del 1912. È la metafora di un mondo, la Belle Époque, che sta sprofondando. La caduta in mare del gioiello della tecnologia europea tocca in maniera diretta il mondo di Downton Abbey, poiché nel disastro perde la vita il futuro genero del conte Crawley. A lui sarebbe spettata la guida dell'aristocratica famiglia. Invece le redini finiscono a Matthew, giovane avvocato di Manchester. Il ragazzo lavora. Attività orribile, non consona per un Crowley.
Le vicende hanno un duplice punto di osservazione. Dall'alto del linguaggio forbito, degli abiti impeccabili, delle cene e balli raffinati dell'aristocrazia. Dal basso della vita quotidiana di cuoche, servitori, camerieri e autisti al loro servizio. La guerra è alle porte. E la seconda serie è immersa nella guerra. Il 4 agosto 1914 l'Inghilterra decreta la mobilitazione. Dall'isola e da oltremare, aristocratici e garzoni, nobili e bottegai, britannici di ogni lingua ed etnia, indossano la divisa verde marcio e partono per battersi contro austriaci e tedeschi. Fra le parti più attraenti della seconda serie c'è la battaglia della Somme, in territorio francese, del 1916. Gli inglesi andarono all'assalto delle linee di difesa tedesche il primo di luglio. E solo in quella giornata persero quasi 60mila soldati. La guerra così attesa, per tanti ragazzi desiderosi di dimostrare che il figlio di lattaio sul campo di battaglia vale quanto il figlio di un lord, e che un illetterato ha lo stesso coraggio (se non di più) di uno studente di Oxford, così come quello di un suddito del Commonwealth è pari a quello di una guardia di Sua Maestà, stava mostrando il suo vero volto: un'ecatombe.
Da Downton Abbey vanno a combattere il padrone Matthew e due camerieri. La vecchia Britannia ha bisogno di sangue nobile e plebeo. E chi resta a casa? Deve affrontare guai gravi. La pandemia di influenza del 1918, ad esempio, che uccide 150.000 persone. E le donne di casa? Si impegnano nell'assistenza dei soldati al fronte, nella cura dei feriti, nel sostegno allo sforzo bellico. Anni durissimi, dunque, quelli che trascorrono nella grande tenuta. Ma anche anni straordinari, irripetibili. Un sacrificio immane in attesa della vittoria. L'Inghilterra che uscirà dalla Grande Guerra sarà molto diversa.
Downton Abbey ha avuto un successo internazionale straordinario (oltreché numerosi riconoscimenti e premi) per varie ragioni. Innanzitutto per il cast. Maggie Smith, Hugh Boneville, Elizabeth McGovern su tutti non recitano. Sono l'esatta copia di quanto viene chiesto loro di interpretare. Ma non c'è figurante che sia fuori posto. Così come del tutto appropriate sono le tavole imbandite, i dipinti appesi alle pareti, i vestiti dei servitori e quelli dei militari, il pettorale delle crocerossine e gli elmetti a forma di scodella per proteggere il volto sporco di fango dei soldati in trincea (molti dettagli, e bellissime foto, si trovano in The World of Downton Abbey, scritto da Jessica Fellowes, da poco edito da Harper Collins). Il regista Julian Fellowes (autore dei testi della serie), essendo stato attore, sa come ottenere il meglio dai suoi interpreti, non sbagliando mai un'inquadratura. La raffinatezza dei costumi, la decadenza degli animi, la drammaticità degli avvenimenti storici, completano la forza del racconto di Downton Abbey. Ma c'è un ultimo elemento per comprendere il successo della serie (la terza parte, ambientata nei «ruggenti anni Venti», è in fase di ultimazione, e la programmazione televisiva in Inghilterra è prevista per settembre). Il mito, allontanatosi nella contemporaneità dalla vita reale, ha trovato rifugio nel cinema e nella televisione. E l'ha trovato nella forma del racconto storico.
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