Si dice che per eleggere Pio III, Francesco Tedeschini Piccolomini da Siena, i cardinali abbiano concordato in bagno il nome del vincitore, ma di storie singolari è condita buona parte della voce "Conclave" nella storia della Chiesa cattolica.
Nel caso di Piccolomini siamo nel settembre nel 1503, mentre in quello della mancata elezione del cardinal Giuseppe Siri abbiamo fatto un bel viaggio nel tempo, arrivando al 1958. Siri all'epoca è il porporato di Genova. Un tempo del resto il Papa creava cardinali sulla base della storicità delle diocesi. Oggi non è più così, Bergoglio ha modificato la prassi, preferendo la pastorale alle origini, e Genova, così come Milano e Torino, sono senza porpora di rappresentanza. A meno che non si conti Angelo Bagnasco, che di Genova però è l'ex arcivescovo.
Fatto sta che Giuseppe Siri, principe dell'antimodernismo, è al centro di una teoria dei retroscenisti che lo vedono eletto. Così, però, non è, dato che il Papa scelto in quell'assemblea cardinalizia è Roncalli, passato alla storia come Giovanni XXIII. Eppure chi ha visto un male o comunque qualcosa di sconveniente nel Concilio Vaticano II, che proprio papa Roncalli inaugurata, racconta volentieri che Siri, il presunto eletto per davvero, è stato costretto a rinunciare, dopo regolare votazione. Molto di questa versione, che non è mai stata dimostrata, muove dal fatto che Siri avesse un ottimo rapporta con papa Pacelli, ma anche il cardinal Angelo Scola doveva essere eletto nel 2013 per via della sua prossimità dottrinale con Benedetto XVI. Sappiamo com'è andata a finire, con papa Francesco. Conosciamo anche l'errore in cui è inciampata la Cei, con quel comunicato d'augurio per l'elezione di Scola, alla fumata bianca di quel Conclave.
Del Conclave che ha eletto Joseph Ratzinger si è parlato parecchio per via del "diario segreto" del cardinale rimasto anonimo. Per farla breve: il tedesco è l'erede naturale del pontificato di San Giovanni Paolo II, ma i progressisti gli contrappongono l'arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, che tuttavia chiede di non essere più votato dopo i primi scrutini, consentendo ai sacri palazzi di aprire le loro porte a Benedetto XVI. Una sorta di secondo round tra modernisti e non, secondo certi tradizionalisti, con l'esito trionfante dei conservatori, a differenza di quanto accaduto tra Siri e Roncalli, in cui invece i conservatori, nonostante la "vittoria", avrebbero perso. Sono semplificazioni ma rendono bene l'idea dello scontro conciliare, che non può precedere per ovvie ragioni il Vaticano II ma che in qualche forma accompagna la Santa Sede dalla sua fine.
Per fotografare i momenti salienti davvero particolari della storia dei Conclavi, bisogna però guardare a Viterbo. L'anno è il 1268. Solo che la questione si prolunga fino al 1271. Parecchi anni dopo - come ripercorso da IlMessaggero - si opterà per un processo post-datato. L'accusa è quella sequestro di persona. L'imputato è il podestà della città laziale. Sì, perché i principi della Chiesa sono stati reclusi per tre anni circa. L'Italia ai tempi è quella dei guelfi e dei ghibellini, e i viterbesi non sono troppo disposti ad attendere un esito che non arriva. La situazione di partenza è complessa - troppi schieramenti vaticani - e l'assise cardinalizia non è propensa alle accelerate. Si tratta pure di guardare a quello che il mondo fuori vorrebbe. Se dipendesse dai cardinali, in buona sostanza, la cosa si prolungherebbe ad libitum, in attesa che ogni incognita politico-ecclesiastica si risolva.
Ai viterbesi però l'andazzo non piace, così prima sigillano la riunione - "cum clave" deriva proprio da questa scelta,, dato che i porporati sono stati "clausi", ossia chiusi - , poi tagliano le quantità di cibo e bevande ed infine rimuovono un pezzo sostanzioso di tettoia nel palazzo in cui avviene l'elezione, in modo tale che le persone
riunite debbano tenere conto anche dell'intemperie e dei loro effetti. Viene eletto così Gregorio X, Tebaldo Visconti da Piacenza che promulgherà una Costituzione Apostolica centrale per le vicende dell'Ecclesia.
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