"Cuore selvaggio", sguardo geniale e mente visionaria

Il regista ha inventato un cinema. Il suo. Da "Dune" a "Mulholland Drive"

"Cuore selvaggio", sguardo geniale e mente visionaria
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«È con profondo rammarico che noi, la sua famiglia, annunciamo la scomparsa dell'uomo e dell'artista David Lynch. C'è un grande buco nel mondo ora che non è più con noi. Ma, come diceva lui, Tieni d'occhio la ciambella e non il buco.

Avrebbe compiuto 79 anni tra poco, il 20 gennaio, lo statunitense David Lynch, e proprio in questi giorni si era creata molta apprensione per gli incendi di Los Angeles perché la sua casa in Senalda Road era stata sottoposta a evacuazione si tratta dell'area di Mullholland Drive, la stessa che ha dato il titolo a uno dei suo film più famosi e proprio l'anno scorso il regista aveva rivelato di essere affetto da enfisema polmonare e di avere bisogno di ossigeno supplementare: «Riesco a malapena a camminare in una stanza. È come se camminassi con un sacchetto di plastica intorno alla testa», aveva spiegato ricordando di essere stato, fino a quel momento, un fumatore incallito. La sua produttrice Sabrina Sutherland, pochi giorni fa, aveva tranquillizzato tutti dicendo che «ora sta bene ed è al sicuro». Ma chissà se il trambusto non abbia influito sul decorso della malattia.

Lynch, uno dei registi contemporanei più influenti e innovativi dell'intera storia del cinema con solo due pugni di film, esattamente dieci, era nato a Missoula, nel Montana, ma si era spostato molto per il lavoro del padre, un ingegnere agronomo della Forestale, studiando pittura a Washington e a Boston, prima di seguire a Filadelfia, alla fine degli anni Sessanta, i corsi della Pennsylvania Academy of Fine Arts. Proprio l'amore per le arti visive decine le mostre di pittura che gli sono state dedicate in tutto il mondo segnerà indelebilmente la tela del grande schermo sulla quale Lynch proietta passioni e ossessioni. Fin dai primi corti, The Alphabet e The Grandmother che gli apriranno le porte del Centre for Adavanced Arts dell'America Film Institute. Siamo già negli anni Settanta ed ecco il folgorante esordio nel lungometraggio con Eraserhead. Un'opera sperimentale che divenne immediatamente un film di culto tanto da incuriosire Mel Brooks che, compresa la portata visionaria e disturbante del regista, gli volle affidare, coerentemente con il soggetto, la regia di The Elephant Man, magnifico e commovente melodramma, anche questo in bianco e nero, sull'uomo dall'aspetto mostruoso interpretato da John Hurt che si rivelò un grandissimo successo commerciale con ben otto nomination agli Oscar. A cascata, è un grande produttore a credere nelle possibilità di Lynch che intanto aveva addirittura rifiutato la regia di Il ritorno dello Jedi della saga di Guerre Stellari, così Dino De Laurentiis lo contatta per dirigere un film dal romanzo Dune di Frank Herbert su cui era naufragato il progetto di un altro grande visionario anarchico come Alejandro Jodorowski. Ma i due non si trovano e nel 1984 esce l'omonimo film tagliato e rimaneggiato che si rivela un altrettanto grandissimo insuccesso. Anche se uno dei protagonisti, l'attore Kyle McLachlan, diventerà uno dei suoi interpreti feticcio nella serie che, nel 1990, ha rivoluzionato la televisione mondiale, I segreti di Twin Peaks arrivata in Italia, un anno dopo su Canale 5, con una delle più grandi e riuscite campagne di promozione tv con l'ossessivo tormentone: Chi ha ucciso Laura Palmer?.

In mezzo due film anch'essi epocali, Velluto Blu, un noir «malato» tra il reale e l'onirico con Isabella Rossellini, all'epoca sposata con il regista, le cui scene di nudo impedirono a Gian Luigi Rondi devoto alla memoria della madre Ingrid Bergman di presentarlo alla Mostra di Venezia, e Cuore selvaggio, storia d'amore on the road con Nicolas Cage e Laura Dern. È la definitiva consacrazione, anche critica, di Lynch che, con il primo, ottiene la seconda candidatura all'Oscar per la regia e, con il secondo, la Palma d'Oro a Cannes. Il successo globale di Twin Peaks lo porta a realizzare il prequel per il cinema Fuoco cammina con me a cui segue una sorta di ideale trilogia sulle forme cinematografiche con Strade perdute, Una storia vera e Mulholland Drive che, in realtà, doveva essere un pilota per una serie tv.

Il suo ultimo film per il cinema è, nel 2006, Inland Empire che viene proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia nell'edizione in cui gli aveva conferito il Leone d'oro alla carriera. Mentre nel 2017 torna in tv con il sequel della sua serie più famosa, Twin Peaks. E un cerchio un buco? si chiude definitivamente.

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