Cure orientali per dare smalto ai nonni

All’Ospedale Luigi Sacco per migliorare la qualità di vita degli anziani con gravi patologie si prende esempio dall’Oriente. È infatti attivo un programma di riabilitazione che sfrutta i benefici delle tecniche dolci del Tai Chi, antica disciplina cinese ideale per restituire senso dell’equilibrio e tono muscolare.
Ne parla Silvano Busin, Direttore dell’Unità operativa medicina riabilitativa dell’Azienda ospedaliera - Polo universitario Luigi Sacco, a capo di una équipe d’avanguardia composta da Arnaldo Andreoli, Lucia Castelli e Alberto Enrico Gnemmi, oltre a 13 fisioterapisti e un massofisioterapista (info: www.hsacco.it).
«Uno dei maggiori problemi per gli anziani è la mancanza di movimento dovuto anche alla perdita di tono muscolare. In seguito a fratture e a malattie, la situazione può anche peggiorare», spiega il professor Busin. «In questo momento entra il gioco la chinesi riabilitativa con la guida del fisioterapista, che serve a migliorare la flessibilità generale, e permette a questi pazienti di tornare a deambulare con maggiore autonomia». Ma al Sacco, non nuovo a proposte innovative rivolte a disabili e anziani, anche stavolta hanno guardato avanti.
«La Regione da diversi anni ha predisposto iniziative incentrate sulle medicine complementari, frutto di protocolli rigorosi, di cui anche questo progetto, realizzato in collaborazione con la Scuola di Tai Chi “L’Airone”, fa parte. Così, insieme al nostro fisioterapista Sergio Bertoncini, che è anche insegnante di Tai Chi, abbiamo affiancato e aggiunto all’attività riabilitativa di gruppo, anche questa disciplina orientale, di cui sono noti già da anni i benefici a livello psicofisico».
Ma quali sono i vantaggi?
«La chiave del Tai Chi è un movimento lento e misurato, che associa alla precisione del gesto le tecniche di respirazione diaframmatica - spiega Busin -. Migliora il coordinamento, la postura, e il senso dell’equilibro; previene quindi le cadute, che per gli anziani sono una vera minaccia. Inoltre non impegna e non sovraccarica il sistema cardiovascolare, quindi non affatica il paziente, migliorandone la qualità di vita. Inoltre questa pratica produce anche una generale percezione di serenità perché stimola la produzione di endorfine, ormoni che trasmettono una sensazione di benessere».
Ma attenzione, non si tratta di un corso o di un passatempo, ma di un intervento mirato in presenza di patologie importanti, e c’è un preciso percorso e requisiti specifici per prendere parte al programma, che è a carico del Sistema sanitario nazionale.
«Il paziente inviato dal medico di base con la richiesta di una visita fisiatrica, viene sottoposto a uno screening iniziale. Se il fisiatra ritiene che la patologia possa trarre beneficio da un’attività riabilitativa (chinesi semplice o chinesi più Tai Chi), il soggetto è inserito in un gruppo di 6-8 persone, seguite da un fisioterapista che imposta il programma, articolato di norma in 3 sedute settimanali. Terminato il ciclo, si verificano i progressi con scale di valutazione».
L’accesso non è legato a un vero e proprio bacino d’utenza, ma il paziente deve essere in grado di raggiungere la struttura per sottoporsi alle sedute. Anche l’età non costituisce un limite. «I pazienti che trattiamo nel nostro reparto hanno un’età compresa tra i 75 e gli 85 anni.

Oggi infatti ci sono persone che a 70 anni sono ancora nel pieno della vita lavorativa, per cui non sono più considerati anziani in senso stretto. È la malattia, in questo caso, più dell’età anagrafica, a fare da spartiacque».

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