«Un allenatore magnifico che sta facendo un lavoro fantastico in un club unico come il Real». Cera anche Jupp Heynckes a vedere il Clasico al Camp Nou e ha visto Josè Mourinho battere la squadra che in tanti definiscono la migliore del mondo. Il capo squadra del Bayern però è costretto a mettere un piede dietro laltro, far capire che non vacilla e dare almeno unidea approssimativa di crederci: «Ho a mia disposizione giocatori che hanno sulle gambe più di 100 partite internazionali, non si faranno impressionare dal Bernabeu che sarà fantastico ma non ci farà paura. Io credo nella finale, sarà una lotta tra giganti e una partita sensazionale in uno stadio speciale, giocarsi la possibilità di arrivare in finale al Bernabeu è fantastico».
Josè è lontano qualche galassia da tutto questo, si è quasi rapato a zero, parla in conferenza pre gara perché lo obbliga Platini, non dice una sola parola sulla formazione e quando gli chiedono del suo futuro lascia immaginare: «Non è importante se resto o vado. Magari resto, sono ancora sotto contratto e avremo tempo di parlare di tutto, con i giocatori e con la struttura direttiva. Decideremo assieme cosa è meglio per me e per il club». Ma prima di tutto deve andare bene per lui. Non prevarica, ci crede veramente. Se resta in un posto dove capisce che la storia è finita bene, ma è finita, allora non cè più storia, Josè sbaracca. Lha fatto allInter e quanto gli sia rimasta dentro questa esperienza non lo dimentica: «Quando hai una squadra devi capire bene che squadra hai in mano. Devi capire che giocatori hai, qual è lo stile di gioco che più le si adatta, devi saper valorizzare le caratteristiche di ogni singolo e del gruppo. Non sempre la Champions la vince la squadra più forte ma lInter ha vinto perché giocava sulle sue forze e nascondeva i suoi piccoli difetti. Adesso al Real sto cercando di fare la stessa cosa».
In fondo lunica necessità per Josè è avere sempre a disposizione un nemico con cui duellare allinfinito e Pep Guardiola sembra proprio perfetto. Anzi Josè è convinto che glielo abbia mandato Dio in persona per esaltare le sue qualità e moltiplicarne la gloria. Guardiola è il riferimento e il bersaglio, un confronto che teme e desidera, lidea che il tecnico del Barcellona possa lasciare la Liga e approdare in Premier lo spiazza e lo affascina, loro due ancora di fronte a Manchester, uno al City e laltro allo United. Josè ha bisogno di tutto questo, adrenalina che sale, il Bayern è roba buona, per carità, ma alla vigilia non avrebbe saputo decidere: meglio il Barcellona nella finale di Monaco o meglio il Barcellona fuori dalla finale di Monaco? Anche se a parole ha confidato di aver fatto il tifo per il Chelsea: «Sono sempre con le mie ex squadre». E aveva addirittura inviato sms di augurio a Cech, Ashley Cole, Lampard e Drogba, tutta gente che aveva allenato a Londra, più un report con lanalisi tattica della sua vittoria nel Clasico dello scorso week-end.
Questo è Josè, uno che va in finale anche quando non ci va, uno che dice: «Voglio Monaco perché la finale Champions è la cosa più importante del calcio. E la voglio perché i miei giocatori la meritano. Sappiamo cosa farà il Bayern e sappiamo cosa dovremo fare noi. Abbiamo un grande potenziale offensivo, è abbastanza probabile che un gol noi lo segniamo».
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