Dall’ex Stalingrado d’Italia un consiglio al Cavaliere: dare peso alla gente comune

Sesto San Giovanni, la roccaforte rossa che alle Politiche sceglie sempre Fi Dirigenti e imprenditori: «Berlusconi? Ha fatto bene a scaricare gli alleati Ora deve saper trasmettere il suo carisma anche in contesti locali»

nostro inviato a

Sesto San Giovanni (Mi)
Fossimo al bar Camozzi, alla Rondinella, il quartiere dei sestesi ultimi arrivati, quelli che con gli operai non hanno mai avuto niente da spartire, ci potrebbe anche stare. Perché è gente che ha una gran voglia di rivincita dopo sessant’anni. Ma che qui, al bar Bis, di piazza Petazzi, nel cuore dell’ex Stalingrado d’Italia, ci sia ancora qualcuno che rimugini, dopo mesi e mesi, quel sondaggio pre-elettorale di Piepoli in cui risultava che «Silvio Berlusconi è il leader nazionale che ispira più fiducia alla popolazione di Sesto San Giovanni» è cosa che fa andare di traverso l’aperitivo a molti. Perché qui, 85mila abitanti, 15 minuti in metropolitana dal centro di Milano, si fa politica da sempre e dappertutto. Mandandosi di traverso l’aperitivo a furia di «vaffa» o camminando per strada. O leggendo, fin quando ci sono stati, lo Specchio dell’inguaribile socialista Mario Guerrisi o la Città Nostra di don Massimo Ravanello, il prete giornalista di Santo Stefano. E si fa politica anche dal medico, se il medico della mutua per eccellenza qui a Sesto è il dottor Pennasi, diessino che ha visto sfilare sul lettino le tute blu quando Sesto era ancora Stalingrado.
O dal barbiere di via Roma, che ancora adesso taglia i capelli al sindaco Oldrini e ascolta le lamentazioni e i sogni di destra e sinistra di chi si lascia andare sotto un energico shampoo. Già, i sogni. Come quelli che nutre Pierangelo Paleari, il primo parlamentare dell’effetto Berlusconi che nel ’94 da Sesto, sotto la bandiera di Forza Italia, fu catapultato a Roma. «Sono favorevolissimo alla svolta del nuovo partito. Vorrei ricordare a Silvio che oggi serve un leader che prenda anche decisioni impopolari, ma che consenta alla giustizia di giudicare, garantisca sicurezza e faccia funzionare la scuola e l’amministrazione pubblica. In un Paese dove la politica dovrebbe essere obbligatoria per almeno un anno com’era la leva, lui parla e fa. La sua nuova idea mi piace. Io ci sto. Potrei anche tornare in prima linea con un partito così».
Fabio Terragni, l’uomo che sta pilotando il progetto della Pedemontana, è stato assessore tecnico a Sesto nella prima giunta di Filippo Penati, con cui condivide le idee politiche: «Riconosco che Berlusconi ha sempre esercitato un carisma e un appeal in molte realtà locali di colore opposto, come anche Sesto. Il suo nuovo partito dovrà misurarsi localmente per costruire concrete proposte politiche. Forza Italia ha dato l’impressione di non sapere tradurre nel territorio l’appeal e il carisma del suo leader. L’obiettivo che dovrebbe porsi il nuovo partito di Berlusconi è formare la sua classe dirigente. Bisognerà vedere se la borghesia imprenditoriale della Brianza sarà capace di partecipare alle scelte, assumersi le proprie responsabilità in politica. I partiti unici, altrimenti, rischiano di diventare solo delle grandi bandiere mediatiche».
Elisabetta Pasini, 40 anni, due figli. Un nome e un cognome che sono un simbolo nella vita sociale e imprenditoriale sestese. E un gol che ha spiazzato tutti: la presidenza della Pro Sesto, la squadra di calcio locale. Che oggi la nota manager segue con passione. Anche Berlusconi ha spiazzato gli avversari? «Lo vedremo alla distanza. Di lui mi piace il piglio imprenditoriale che usa per affrontare i problemi. Perché una città va amministrata e gestita come un’impresa. Da sestese gli direi di non deludere le nostre attese, condivise in molte parti d’Italia, ovvero l’esigenza di sicurezza, vivibilità per un centro che, per anni, è stato condannato ad essere un dormitorio e adesso stenta a trovare una sua connotazione. La politica italiana, prendo in prestito un termine calcistico, continua a melinare, ma non si decide a fare. Io dico ai politici: fate politica con passione. Ma soprattutto fate». E il medico della mutua che ne ha viste di tutti colori? «Anche se non la penso come lui - dice il dottor Pennasi - ben venga la sua spallata. La politica è cambiata, quella che chiamavano Stalingrado non c’è più, non c’è più da vent’anni la grande fabbrica. Questa è una città che la sinistra ha governato ininterrottamente per 60 anni. Ma che da oltre dieci alle elezioni politiche fa vincere regolarmente Forza Italia. Ormai siamo abituati. Chiederei a Berlusconi attenzione su welfare e sicurezza».
Piero Di Caterina è un’altra faccia nota del dinamismo imprenditoriale di Sesto. Sua la recentissima idea dell’Università Popolare, un luogo di dibattito e confronto, ricavato nell’ex cinema Apollo: «Noi che siamo cresciuti al bar avevamo un luogo dove parlare di tutto, anche di politica. Per capire e confrontarci. Ma oggi i giovani non hanno nulla di simile. Berlusconi ha fatto bene: ha scaricato gli alleati politici scomodi, tanto Casini un appartamento da qualche parte lo trova, prima o poi. Suggerirei a Silvio di calarsi fra le persone comuni, vivere assieme alle gente i bisogni quotidiani».
Renato Falconati, da sempre titolare delle chiavi della Falck, anche oggi che lavora con Zunino per il recupero dell’area dismessa delle acciaierie, commenta: «L’idea di Berlusconi? La vedo bene, ma per ora al 50 per cento. Non vorrei fosse dettata da uno scatto di rabbia. Se invece mi sbaglio sarà un’ottima palestra propositiva.

Prendiamo Sesto, qui ci sono da anni problemi di riqualificazione ma ognuno pensa ai torti subiti o alle proprie convenienze. Siamo un grande cortile di Milano, per dirla chiara. Ecco, Berlusconi dovrebbe chiamarci tutti a rapporto e dire: “Allora, gente, cosa vogliamo fare, qual è la città che vogliamo?”».

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