Nonostante sia figlio di Leone Boccali che fondò nel 1931 «Il calcio illustrato», Giuliano Boccali non ha mai pensato di diventare un giornalista sportivo. Milanese, laurea in Linguistica indoeuropea, dal 1997 professore di Indologia all Università degli Studi dopo 25 anni di insegnamento veneziano a Ca' Foscari, la sua vita di studioso è consacrata all'India che ha visitato numerose volte.
Come è avvenuto il rapimento per l'India?
«A causa della sua tradizione poetica, in cui trovo straordinaria sensualità e fulgore espressivo. La sensualità (non limitata all'erotismo) cela unaspetto particolare della cultura indiana: la continuità fra pensiero, cuore e sensi. Anche nell'immagine più sensuale, l'indiano legge tutte le valenze dell'amore, incluso l'amore per il divino. E viceversa: anche la manifestazione più astratta dell'amore non rinnega gli aspetti sensuali. Caratteristica affascinante che colma una nostra mancanza».
Quali sono le ragioni di questa mancanza?
«Una delle ragioni è il cristianesimo e la grande battaglia lanciata in passato contro i sensi come fonte di inganno: i sensi traviano, i sensi allontanano. Poi l'illuminismo che elabora verso la natura un approccio di tipo scientifico e intellettualistico, non poetico».
Nell'India attuale prevale l'eredità del «Kamasutra» o la repressione sessuale?
«Lo psicanalista Sudhir Kakar sostiene che da un certo momento in poi gli indiani sono precipitati in un medioevo sessuale dei più bui e repressivi, forse per via dell'influenza islamica o della dominazione inglese. Penso che oggi la borghesia metropolitana più avanzata aspiri a forme di libertà, anche sessuali, maggiori, ma non so quanto le maglie sociali si siano allargate visto che il bacio è ancora bandito dai film di Bollywood».
Dell'India moderna cosa la spaventa?
«L'allentamento nelle masse del vincolo fortissimo connesso al senso religioso. In India regge ancora la visione castale che modella, in modo incomprensibile per noi, le relazioni sociali».
Quanto pesano i concetti di karma e reincarnazione?
«L'idea che la condizione umile che patisco in questa vita me la sono meritata per via delle mie vite precedenti e quindi non porto astio verso di te che sei un maharaja o un florido commerciante perché te lo sei meritato nelle tue vite precedenti, costituisce indubbiamente un potente ammortizzatore sociale. Ma cosa succederebbe se questo sentire dovesse declinare in seguito a robuste iniezioni televisive e commerciali in un contesto di globalizzazione economica in cui dominano gli scenari occidentali e l'aggressività fra le classi sociali è fortissima?».
Gli indiani vengono sedotti dall'occidente che a sua volta pare sedotto dalla filosofia indiana, dallo yoga. Non si tratta di vie di liberazione un po' disumane per noi?
«La condizione umana per le filosofie dell'India nasce dall'ignoranza: l'uomo ignora la sostanza fondamentale di cui è composto, sostanza assolutamente immota. È l'ignoranza che mette in movimento l'esistente generando la sofferenza. Quindi il saggio traccia un percorso per uscire dalla sofferenza. Direi che le vie di realizzazione dell'India sono disumane poiché conducono all'uscita dalla condizione umana ordinaria. Prendiamo il livello fisico: il corpo è in perenne agitazione, la respirazione è disarmonica.
Quale concetto indiano prescriverebbe all'occidente?
«Il decongestionamento dell'io, un antidoto all'individualismo. Con esercizi di introspezione per disciplinare il caos mentale».
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