Damiano detta la linea Ds: aliquote più alte per i ricchi

Damiano detta la linea Ds: aliquote più alte per i ricchi

Gian Maria De Francesco

da Roma

In mancanza di cifre esatte sull’ammontare complessivo della manovra-bis e della Finanziaria 2007 che il governo Prodi non ha fornito (nebbia che neanche in questo fine settimana dovrebbe diradarsi), continua a valere tutto il vasto campionario di ipotesi che di giorno in giorno si arricchisce di nuovi dettagli.
Grazie anche al profluvio di esternazioni dei componenti economici dell’esecutivo. Ieri è stata la volta del ministro del Lavoro, il diessino Cesare Damiano, che in un’intervista pubblicata da Repubblica ha confermato che «andrà modificato il secondo modulo della riforma fiscale» del governo Berlusconi «per spostare quei sei miliardi verso i redditi più bassi». Una rimodulazione delle aliquote per unire rigore ed equità come ha predicato più volte il premier Prodi. Allo stesso modo Damiano ha ribadito che la tassazione delle rendite dovrà «avvicinarsi gradualmente alla situazione europea». Comunque sia, questi due orientamenti difficilmente potranno produrre un aumento delle entrate tributarie superiore ai 10 miliardi di euro, cifra di molto inferiore ai 40-45 miliardi che i sindacati hanno indicato come obiettivo delle manovre del ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa.
Anche sul tema pensionistico il ministro del Lavoro è stato abbastanza evasivo. «Andrà trovata - ha detto - una soluzione più morbida» rispetto allo scalone (che innalza l’età pensionabile da 57 a 60 anni dal 2008) ma «con gli stessi risparmi» che il suo predecessore Roberto Maroni ha quantificato in 5 miliardi. E trovare cinque miliardi per aprire ulteriori finestre di uscita dal lavoro appare al momento un’impresa ardua. Ma che dovrà essere tentata per non trovarsi all’uscio di Palazzo Chigi i sindacati sul piede di guerra.
Un’altra ipotesi, che di volta in volta viene rinfocolata per instillare ottimismo nel deluso popolo della sinistra, è quella dei tagli alla spesa pubblica. Dopo l’ultimo vertice di governo di venerdì scorso si è voluto far sapere che dai risparmi sulla spesa pubblica (stop agli aumenti nel pubblico impiego, tagli alla sanità e agli enti locali) ci si attendono 7 miliardi. Ma sindacati e amministrazioni locali di centrosinistra accetteranno questa «medicina amara» dalla maggioranza che hanno contribuito a far eleggere e riusciranno a farla comprendere alla loro base? Senza contare che anche il ministro della Solidarietà Ferrero (Prc) è contrario a questa soluzione.
Il novero degli inasprimenti fiscali che il governo Prodi potrebbe decidere ruota, quindi, sempre attorno a due poli di attrazione. Da una parte, l’Iva il cui eventuale aumento ieri è stato benedetto anche dagli economisti de lavoce.info, storicamente benevoli con il centrosinistra. Ogni punto percentuale in più dell’imposta garantirebbe circa 4 miliardi di euro (salvo ulteriori rimodulazioni a seconda dei settori) e potrebbe finanziare parzialmente il taglio del cuneo fiscale limitatamente alla cancellazione dei contributi sociali dall’imponibile Irap. Dall’altra parte c’è la tassazione dei patrimoni, ovvero dei beni immobili (aggiornamento degli estimi catastali) e mobili. Dalla lotta all’evasione si stima di recuperare almeno 3 miliardi, ma considerata la lentezza del processo è più facile prevedere una stretta sui crediti d’imposta alle imprese.


Delle preoccupazioni del ministro delle Infrastrutture Di Pietro per i cantieri dell’Anas e delle Ferrovie si è più volte detto. L’entità degli interventi, nell’ipotesi che sia lo Stato ad accollarseli interamente senza ricorso alla finanza di progetto, può variare dai 5 ai 10 miliardi.

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