Delitto al ristorante cinese: presi 2 baby killer

È sempre uno spezzone della stessa, maledetta storia. Quella di un gruppo di baby criminali con gli occhi a mandorla, armati fino ai denti, che si vendicano per un torto subìto (naturalmente a loro dire) e non ripagato in senso stretto, cioè subito e con denaro sonante. Era accaduto in via Messina, il 27 aprile, quando due ragazzi cinesi erano stramazzati al suolo sotto una raffica di colpi di pistola sparati da due quasi coetanei e connazionali catturati poi da polizia e carabinieri in un’azione congiunta. Ma era accaduto anche molto prima, nella notte tra il 30 e il 31 dicembre scorso, a Sesto San Giovanni, al ristorante «La Cascata» dove il titolare, un 54enne di nome Hu-Zhong Liang, mentre festeggiava il suo compleanno, era stato ammazzato con quattro pugnalate al torace da un commando di quattro ragazzi cinesi, tutti adolescenti; tre dei suoi ospiti erano finiti gravemente feriti all’ospedale.
Gli investigatori della squadra mobile hanno arrestato due giovanissimi di questo gruppo di assassini. Il primo, Lin Zeng Yun, è un 18enne fermato a Prato a pochi giorni dal delitto, lo scorso 15 gennaio. Il secondo, un 16enne, è stato invece sottoposto a fermo giovedì pomeriggio a San Giacomo delle Segnate, in provincia di Mantova. Sugli altri due componenti del commando i poliziotti non negano che il cerchio intorno all’intera banda potrebbe stringersi a breve.
Per tutti l’accusa è di omicidio volontario in concorso, proprio come per l’assassinio di via Messina. Il commando che ha colpito a fine anno a Sesto, infatti, secondo la polizia, è legato ai due arrestati e alla banda che ha compiuto lo scorso 27 aprile il duplice delitto di via Messina. «Siamo arrivati alla soluzione del duplice omicidio proprio incrociando le indagini sui delitti» ha spiegato il dirigente della squadra mobile Vittorio Rizzi.
«I due ragazzi appena arrestati - hanno spiegato gli investigatori - a loro dire avrebbero ucciso il ristoratore per vendetta, a seguito di un’offesa patita. Per noi, invece, si tratta invece di un’estorsione “organizzata”: il gruppo ha cercato un pretesto per litigare con il ristoratore per chiedergli denaro e poi vendicarsi se non lo otteneva».
Un episodio curioso è quello accaduto nel corso delle indagini. La polizia va a interrogare in ospedale uno dei feriti nell’agguato al ristorante e lo trova in compagnia di un amico, connazionale, che gli sta mostrando delle immagini sul telefonino.

Gli investigatori scoprono così che quel cinese ha scattato le foto di tutti i giovani cinesi ricercati, approfittando di una distrazione dei carabinieri che lo avevano convocato in caserma, tempo addietro, come testimone di una rapina in una erboristeria: il ragazzo stava mostrando le foto al ferito per vedere se questi riconosceva gli aggressori del ristorante. Una sorta di «giustizia fai da te».

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