Lultima risorsa si è scoperta ieri. Domani lInter andrà in udienza generale dal Papa. Chissà che una benedizione non illumini Mancini o faccia ritrovare il talento perduto ai suoi campioni doro placcato. Settimana di passione, non proprio di pressione, per lInter che va a Roma a giocarsi la semifinale di coppa Italia prima di guardarsi allo specchio per riconoscere unidentità perduta negli ultimi due mesi di campionato. Contro il Siena, Ibrahimovic potrebbe, al massimo, rimettere naso in panchina: non una gran notizia, visto il rendimento dei giocatori che, in questa squadra, dovrebbero fare sempre la differenza.
Mancini dovrebbe metter tutti a rivedere le partite di Kakà: per dimostrare quanto il brasiliano sappia entrare nel ruolo del campione, quando lurgenza chiama. Invece i campioni dellInter spesso hanno la «c» minuscola, tranne nello stipendio. Stavolta Vieira si è preso le orecchie dasino, non il tapiro di «Striscia»: linviato non se lè sentita di affrontare la sua brutta faccia. Più facile girarlo a Moratti e Mancini. Ma non cè grande sfida nerazzurra, non cè punto di svolta di una stagione, non cè grande delusione che non saccompagni al black out dei suoi campioni. Le cause? Ambiente, poca personalità, incapacità di gestire lalta tensione, scadimenti di forma, difficoltà ad interpretare subito la partita top. Di tutto un po.
Ovviamente Moratti dimentica di appuntarsi i nomi dei giocatori da quattro in condotta e preferisce rilanciare le accuse contro la panchina, pur agghindate di bon ton. Ma chi vuol intendere, intenda. «Eravamo pronti a giocar bene per vincere la gara, non è successo», ha raccontato. «Tutto è stato affrontato con troppa prudenza e, in certe occasioni, la fortuna premia chi ha coraggio. La squadra era trattenuta, non molle, ma così non si fa risultato». Niente di nuovo: Mancini dice, Moratti fa gli appunti. E stavolta ha ragione di lamentarsi del tecnico, anche se gli ha lanciato un segnale distensivo. «Non è certo lincidente di una partita che ti fa cambiare idea sullallenatore».
Meglio ripassare il libro dei cattivi ricordi per capire che le colpe non stanno solo in panchina. Storia vuole che si riparta, al solito, dal fatidico 5 maggio («Una data che non può portare granchè di fortuna, quindi anche stavolta...», ha ricordato Moratti) quando il trio dei rampolli del presidente combinò il gran pasticcio: giocavano insieme Vieri, Ronaldo e Recoba. Bastavano loro per vincere, ed invece subì le colpe quel poveretto di Gresko. Tanti a commuoversi per le lacrime di Ronaldo e nessuno a pensare che spettava a lui, e agli altri due, cavar lInter dimpaccio. Da allora, ma anche da prima, il trend non è mai cambiato.
Questanno ci sono state almeno quattro occasioni da pollice verso contro largenteria di casa Moratti: le sfide col Liverpool, quelle con Roma e Milan. Come dimostrano le pagelle delle partite si sono salvati in pochi: Ibra e Vieira pervicaci nellerrare, Stankovic incappato nel suo anno nero, Crespo, Chivu, Cambiasso di tanto in tanto inceppati. Protagonisti che ritroviamo anche nelle ultime eliminazioni di coppa: contro Villareal e Valencia aggiungete le controprestazioni di Adriano e Recoba, Veron e Figo. I soliti noti, appunto. Senza dimenticare i momenti top del campionato, quasi sempre coincisi con le sconfitte contro Milan, Roma o Juve quando, magari, Ibra faceva il maramaldo in maglia bianconera.
Famoso anche un 5-1 subito dallArsenal a San Siro, ma allora erano i tempi di Van der Meyde, un tipo che Moratti un giorno osò definire «fenomenale». Come vedete, capita a tutti di prender granchi. Ma ai campioni nerazzurri un po troppo spesso. Tanto gli allenatori passano e gli stipendi di Moratti non si toccano.
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