«Il giallo è una sorta di gabbia entro la quale si possono dire tantissime cose, compresa la radiografia del mondo moderno». Leonardo Sciascia ne era convinto, così come del fatto che Gadda con il suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana avesse scritto «il più assoluto giallo che sia mai stato scritto. Un giallo senza soluzione, un pasticciaccio. Che può anche essere inteso come parabola, di fronte alla realtà come nei riguardi della letteratura, dell'impossibilità di esistenza del giallo in un paese come il nostro: in cui di ogni mistero criminale molti conoscono la soluzione, i colpevoli ma mai la soluzione diventa ufficiale e mai i colpevoli vengono, come si suol dire, assicurati alla giustizia». Per comprendere la visione dello scrittore siciliano è indispensabile leggere il volumetto Breve storia del romanzo poliziesco (Graphe.it, pagg. 48, euro 6,50) che racchiude la rielaborazione di due saggi di Sciascia intitolati E l'investigatore fu e L'inchiesta è aperta che vennero pubblicati su Epoca il 20 e 27 settembre del 1975. In questo agile testo vengono acutamente analizzati sia coloro che «per divertimento o congenialità» scrissero opere di suspense come Greene, Bernanos, Borges sia maestri del genere come Poe, Doyle, Stout, Derr Biggers, Christie, Simenon.
Ma perché i gialli piacciono tanto? Sciascia lo spiega nell'incipit: «La principale ragione per cui un pubblico vastissimo, in ogni parte del mondo, legge (sarebbe dir meglio consuma) romanzi polizieschi (gialli in Italia, neri in Francia: dal colore della copertina che gli editori Mondadori e Gallimard hanno scelto...) crediamo di trovarla in Alain, Sistema delle arti, quando dice che l'effetto certo dei mezzi di terrore e di pietà, quando li si adopera senza precauzione, è lo sgomento e la fuga dei pensieri, insomma una meditazione senza distacco, come nei sogni. E potremmo anche avanzare e considerare altre ragioni, suggerite da Marx o da Freud, e da Marx e Freud insieme; ma per il medio, normale lettore di romanzi polizieschi, questa di Alain ci sembra resti la più valida. Nei romanzi del genere sono impiegati senza precauzione senza la precauzione, cioè, che è dell'arte dei mezzi che con notevole approssimazione si possono definire di terrore: e l'effetto è fuga di pensieri, meditazione senza distacco.
La lettura di un poliziesco è, nel senso più proprio della parola, passatempo: il tempo non più portatore di pensiero o di pensieri, non più scandito da condizioni e condizionamenti, è come sommerso in una fluida e opaca corrente emotiva; e la mente diventa una specie di tabula rasa che passivamente registra tutti quei dati che soltanto la mente dell'investigatore sa e deve decifrare, trascegliere, coordinare e infine sommare e risolvere». I lettori di gialli sanno indovinare la soluzione dei casi come gli investigatori di cui seguono le gesta. E riescono a portare a termine nei libri quelle indagini che spesso nella realtà rimangono irrisolte.
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