Dieci anni di «Centovetrine»

Non sappiamo neppure se iniziare dalla trama. Riassumerne una che va avanti da dieci anni sarebbe infrequentabile per chiunque. Roba da arrivare al punto, cioè alla fine delle settanta righe, senza neppure aver congedato per bene il preambolo. Considerando poi le capriole di senso che protagonisti, autori e sceneggiatori hanno dovuto compiere in questo tempo per far quadrare le cose e dilatare il tutto, lo sforzo si farebbe titanico. Inoltre il riassuntino della trama ci sembra inutile: quelli che l’hanno seguita (e mai abbandonata) la conoscono a memoria, gli altri, potrebbero sintonizzarsi anche domani per la prima volta su Canale 5 e riuscire a capire tutto ugualmente, magie della soap. E poi comunque non è la trama che vorremmo festeggiare in occasione del suo decimo compleanno (domani). Bensì quelli che da dieci anni ci sono impigliati. I silenti eroi della soap (di Centovetrine, nella fattispecie) e la loro dorata condanna. Ostaggi eterni, viaggiatori con un unico sfondo, prigionieri di un’interminabile tournée fatta senza mai partire, migranti che non hanno mai preso il largo. Incagliati in una trama, si diceva, in un luogo, e in un personaggio senza poter varcare il Rubicone dello show business.
Da dieci anni, i protagonisti (e gli autori, i costumisti, i produttori, gli operatori…) della fortunata serie vivono in una specie di bolla atemporale a Telecittà. Dentro una coltre di nebbia che li separa da un casello autostradale dal quale passa poco mondo e da due paesini di monacale essenzialità: San Giorgio e San Giusto Canavese. Per loro è stata ricreata una piccola città all’interno «dell’astronave» degli studi tv. Duemilacinquecento metri quadrati con incastrato tutto ciò che occorre, come in una cucina Ikea: un albergo, un residence, qualche bar, ristoranti, asili nido e persino una beauty farm. Qualcuno depone le armi e ci trasferisce la famiglia, qualcuno fugge via appena può, cioè il fine settimana, qualche altro rifiuta di essere domato fino in fondo e si consegna di conseguenza a un’esistenza da pendolare. Che se non altro profuma più di normalità, scaccia il senso di sospensione. Però non devono portare i segni del di fuori quando tornano a «Centovetrinelandia»: vietato ingrassare, dimagrire, cambiare taglio di capelli, abbronzarsi. Il copione è il copione, il personaggio è il personaggio. Come lo si spiega poi, al pubblico? I protagonisti di Centovetrine sono i Ridge e le Brooke nostrani: alieni forgiati per farci sognare e desiderare. Distanti ma non troppo, reali ma non troppo, contrastati ma non troppo.
I gloriosi combattenti di Centovetrine e di tutte le soap… un genere snobbato dal riconoscimento mediatico e quindi sociale, ma adorato da un pubblico fedelissimo e maniacalmente partecipe. Un genere in grado di catalizzare milioni di telespettatori ogni giorno, che si raduna in misura di quattro milioni (roba da ricca prima serata), di battere in share il concorrente straniero (Beautiful) di imporsi, in termini di ascolto, accanto ai capisaldi di Canale 5: Gerry Scotti, Striscia la Notizia, Maria De Filippi. Perché lì dentro (a Centovetrine), ogni giorno c’è una storia. E i suoi protagonisti la portano in scena a scapito di un po’ di loro. Guadagnano bene, spesso hanno curriculum invidiabili, perfino trascorsi a teatro su testi importanti, ma una volta impigliati nella storia faticano a uscirne. «Sei bravo, ma hai una faccia da soap» è ciò con cui più spesso si sentono liquidare quando tentano timide prove di volo lontano dalle saghe delle famiglie Ferri, Grimani, Della Rocca e Castelli. Però sono gli idoli del loro pubblico, gli autori se li tengono stretti, i produttori li coccolano in ogni modo.

Certo, in dieci anni, duemila e trecento episodi, trentaseimila e cinquecento scene girate, è successo di tutto, nella trama e fuori di lì: gente che se n’è andata, che è ritornata, che si è innamorata, sposata, lasciata, sparita… In una nebbia pastosa che ha confuso la vita e il canovaccio. Che ha dovuto coprire lo scorrere degli anni, delle stagioni, attutire i rumori della vita fuori. Per questo, scavalcando trama, ruoli e ascolti, gli auguri li facciamo a loro.

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