Dieci casi di tubercolosi da settembre, colpiti bambini immigrati e milanesi

Allarme alla clinica De Marchi. Mai registrati sui più piccoli tanti contagi in un così breve periodo di tempo Gli esperti: «Si potrebbe riconsiderare la logica della prevenzione obbligatoria»

Dieci casi da settembre. Dieci bambini ricoverati presso la clinica De Marchi per aver contratto la tubercolosi, due dei quali tuttora assistiti nella struttura di via della Commenda. «Non avevamo mai registrato così tanti episodi in un così breve intervallo temporale - spiega la pediatra-infettivologa Susanna Esposito -, questo è un record». Il campanello d’allarme: se è vero che negli ultimi due anni, soprattutto tra gli immigrati, si è registrato un aumento dei malati, l’incidenza sulla popolazione pediatrica però era sempre stata molto bassa. Ora un improvviso aumento di incidenza con dieci nuovi casi di minorenni in così poco tempo, dieci casi di un'’infezione del passato, da sempre considerata malattia della povertà e della sporcizia, che ora invece, sembra voler tornare tra i banchi della città dell’Expo 2015.
«Tra i bimbi che abbiamo ricoverato - continua Esposito - soltanto tre sono di recente immigrazione, altri cinque invece, sono stranieri ma abitano in Italia da anni e due sono milanesi doc». La preoccupazione aumenta in modo inversamente proporzionale all’età: «Nei soggetti con un’età inferiore ai cinque anni l’evoluzione negativa della malattia è molto più celere rispetto a quella degli adulti». Non solo, rispetto alle normali cure, quando si ha a che fare con minorenni malati è più difficile trovare la terapia appropriata «perché molti farmaci non possono essere utilizzati nei bambini malati e altri causano effetti collaterali che nei più piccoli possono essere monitorati con difficoltà».
Esistono varie forme di tubercolosi, la più comune tra i bambini è la primaria, ma negli ultimi mesi a Milano si sono verificati anche casi di tbc secondaria post-primaria. «A metà ottobre, ad esempio, abbiamo diagnosticato a un bimbo italiano di 15 mesi una meningite tubercolare e ancora, qualche mese fa ci siamo dovuti confrontare con un caso di peritonite tubercolare verificatosi in una ragazza nata in Perù, ma residente in città da anni».
Lo scorso giugno, in un asilo di San Siro era scattato il panico non appena si era saputo che un alunno aveva contratto la tbc. Per tranquillizzare le mamme in delirio è intervenuta l’Asl. «È la prassi - spiega il dottor Edgardo Valerio, responsabile del settore malattie infettive e igiene alimenti di via Statuto - noi ci attiviamo appena ci arriva una segnalazione». Il protocollo prevede «una rapida inchiesta epidemiologica per cercare di capire com’è avvenuto il contagio, se è possibile la bonifica della fonte, quindi spetta a un esperto fare la valutazione clinica per decidere se è necessario fare il Mantoux test alle persone che sono state a stretto contatto con il malato e vedere se anche loro hanno contratto il bacillo».

Un tempo questo test veniva fatto sistematicamente a tutti gli alunni, poi la malattia sembrava debellata e questa pratica è stata sospesa. «Bisognerebbe riconsiderare la logica della Mantoux sistematica nelle scuole - propone la dottoressa Esposito - questo record di malati tra i bambini deve farci riflettere».

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