Prima il vino, ora la carne rossa. La scienza zittisce gli ipersalutisti

Prima il vino, ora la carne rossa. La scienza zittisce gli ipersalutisti
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L’Oms è terrorizzata dal rischio (salvo poi farsi trovare impreparata di fronte alle pandemie). Il vino? Tassativamente da evitare. La carne rossa? Pure. Il fumo? Non se ne parla. Il Covid? Niente baci e abbracci, nonostante il virus venuto dalla Cina si sia ormai ridotto a una semplice influenza. Tutto fa male, almeno potenzialmente, e quindi va evitato. Anche se ci sono studi scientifici che sostengono il contrario.

Come l’ultimo, realizzato dall’università di Chicago, nel quale si afferma che la carne rossa, se consumata nelle giuste quantità, può aiutare contro alcuni tipi di cancro. Nella carne e nei latticini si troverebbe infatti un nutriente, chiamato acido trans-vaccenico (o Tva), che migliorerebbe le capacità di alcune cellule, conosciute con il nome T CD8+, di attaccare quelle cancerose. Una buona notizia, che manda in soffitta anni di terrorismo contro la carne rossa. E che dovrebbe farci riflettere sulla filosofia che, dietro a un salutismo talvolta fanatico, sta dietro a Oms e affini.

Tutto è un rischio. Tutti i cibi sono potenzialmente pericolosi se consumati in quantità eccessive. Prendiamo per esempio il vino. I talebani della salute sostengono che faccia male anche berne un solo bicchiere.

Ma è davvero così? Uno studio, pubblicato lo scorso maggio sulla rivista scientifica americana Bmc medical education, afferma il contrario: «L’aumento del consumo di alimenti contenenti flavonoidi, tra cui il vino rosso, porta a una riduzione del rischio di mortalità precoce nella popolazione». Chi ha ragione?

Il rischio zero non esiste, è la vita ad essere rischiosa, tra insidie e

preoccupazioni. Misura e moderazione sono la cura migliore. Ammalarsi e morire è brutto, ma passare un’esistenza avendo paura di tutto è peggio. Perché, come diceva Giovannino Guareschi, è meglio vivere malati che morire sani.

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