Dievole, quasi un millennio di Chianti Classico

Era il 1090 quando presso il «notaro» Bellundo viene firmato un contratto tra tal Ridolfino e tal Vinizio (nomen omen) per l'affitto annuale di una vigna in quella che all'epoca veniva considerata quasi divina per la sua bellezza: «Dio vuole», si legge nel contratto. Il prezzo per l'affitto, però, era assai concreto: due capponi, tre pani e sei «denari lucchesi» di buon argento.

Oggi quel «Dio vuole» è diventato Dievole, una delle aziende storiche del Chianti Classico, una cinquantina di ettari o poco più nel territorio di Castelnuovo Berardenga. La proprietà oggi è dell'imprenditore argentino Alejandro Bulgheroni, ma non temete: il progetto è quello di continuare a produrre un Chianti Classico nel rispetto della tradizione ma senza le troppe interpretazioni corrive che hanno penalizzato questo vino negli ultimi decenni.

L'altitudine media dei vigneti in produzione - suddivisi in sedici appezzamenti tutti collegati tra di loro ma dotati di un preciso profilo differente - è di 350 metri. I terreni sono calcarei con ricca presenza di scheletro, cioè di ciottoli o sassi, ma anche argilla, sabbia e marna. Le etichette della linea principale sono solo due, a dimostrazione di un progetto assai focalizzato: il Chianti Classico docg e il Chianti Classico docg Riserva Novecento. Di entrambi all'ultimo Vinitaly abbiamo degustato le ultime annate.

Del primo, vendemmia 2014 - fermentato in tini di rovere di Slavonia e invecchiato in botti grandi di rovere non tostarto di Alliers - ci ha colpito l'eleganza non comune per un Chianti e la compostezza in bocca, ravvivata da una venatura di seducente freschezza. Del secondo, vendemmia 2013 - 18 mesi di affinamento in botti di rovere di Alliers - entusiasma il naso intenso e ricchissimo e la bocca balsamica e minerale. Due campionissimi.

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