Dalla difesa all’attacco, la giravolta del «Corriere»

RomaLe domande del Corriere della Sera a Fini e compagnia sono tre e non dieci come quelle che pubblichiamo da giorni su queste colonne, ma è sempre meglio di niente. L’articolo in cui sono contenute, siglato dal condirettore Luciano Fontana, parte in prima e segue a pagina 12 sotto il titolo «Il chiarimento necessario» e segna il definitivo cambio di rotta del quotidiano di via Solferino sulla vicenda della casa di Montecarlo in affitto a Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini. Un’inversione durata nove giorni per il foglio diretto da Ferruccio de Bortoli: il 30 luglio, due giorni dopo che il nostro giornale ha tirato fuori la notizia dell’eredità Colleoni, Massimo Franco in un editoriale pubblicato in prima pagina parla ancora di «campagna di fango» ai danni del numero uno di Montecitorio. Del resto fino ad allora l’inchiesta del Giornale sembra proprio non interessare il Corrierone né gli altri grandi quotidiani nazionali, con l’eccezione di Libero, che sin dal 29 luglio si mette in scia. Restando a via Solferino, il primo «indizio» del caso che sta travolgendo Fini i lettori del Corriere lo hanno domenica 1° agosto, quando a pagina 5 di spalla fa capolino un’intervista a Donato Lamorte, definito «l’amministratore dei beni del partito», che però sul pasticcio della casa di boulevard Charlotte glissa: «Non me ne intendo di queste cose (...) chiederò a Pontone, che era il tesoriere quando fu venduta». Ancora il 2 agosto la questione resta confinata a una spalla di pagina 9, e solo il 3 «conquista» un’apertura di pagina, la 6. Fino a venerdì 6, quando a via Solferino decidono finalmente che la vicenda di Montecarlo è una delle bombe dell’estate. Ieri le pagine 12 e 13 erano interamente dedicate a quella che solo una settimana prima era una campagna di «fango», con tanto di inviata a Montecarlo e le tre domande a Fini&Co.
E La Stampa? Da qualche giorno tratta regolarmente la vicenda della casa di Montecarlo, anche se ieri si è limitata a un lungo commento di Barbara Spinelli che incensa Fini nel suo braccio di ferro con Berlusconi e bacchetta la sinistra che «non ha avuto né il coraggio né l’anticonformismo del presidente della Camera». La stessa figlia di Altiero e compagna dell’ex ministro prodiano Tommaso Padoa-Schioppa sabato in un’intervista al Fatto quotidiano accantona la sua indole giustizialista per solidarizzare col silenzio di Fini: «Forse fa bene a ribadire la sua fiducia nella magistratura e a non dire altro». E a proposito del giornale diretto da Antonio Padellaro, dà ormai ampio spazio al Gp (Grande Pasticcio) di Montecarlo. E anche sul Riformista ieri Giampaolo Pansa ammette che gli italiani in questo caldo agosto non parlano altro che della casa di Montecarlo. Tutti tranne Gianfranco Fini, alias «il muto di Montecitorio». All’appello manca solo Repubblica, che parte come il Corriere della Sera, parlando di «pestaggio mediatico sui giornali di famiglia» ai danni di Fini (Ezio Mauro, 30 luglio) ma nei giorni successivi tratta la vicenda solo per dar conto delle reazioni indignate. Martedì 3: «Casa di Montecarlo, Fini querela Il Giornale».

Venerdì 6: «Casini: squadrismo contro Fini». Fino a ieri, quando a pagina 11 ecco, in basso, l’articolo di un inviato: «Casa a Montecarlo, accuse a Fini: “L’atto di compravendita è nullo”». Contrordine, compagni: non era un «pestaggio mediatico», ma una notizia.

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