Armi laser per abbattere i droni: la rivoluzione delle marine Usa e Uk

La guerra contro gli Houthi ha spinto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna a investire sullo sviluppo di armi laser, più economiche rispetto ai missili utilizzati fino ad ora per distruggere le armi dei ribelli yemeniti

Laser DragonFire. Fonte: Sito web del governo britannico
Laser DragonFire. Fonte: Sito web del governo britannico
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La marina militare americana sembra aver imboccato definitivamente la via delle armi laser. Dopo un decennio di ricerca e milioni di dollari in investimenti, le navi battenti la bandiera a stelle e strisce sono state equipaggiate con dispositivi in grado di accecare e distruggere droni, missili e aerei nemici, senza dover ricorrere a vettori che possono arrivare a costare anche più di due milioni di dollari.

La spinta decisiva a questa rivoluzione è arrivata dal conflitto contro gli Houthi, che impiegano massicce quantità di equipaggiamento iraniano a basso costo e di un livello tecnologicamente inferiore rispetto agli armamenti occidentali. Il prezzo di uno Shahed prodotto da Teheran, infatti, si aggira attorno ai 100mila dollari, e se si considera che per abbatterlo potrebbero essere necessari anche due vettori, la cifra necessaria a mantenere la missione del Mar Nero potrebbe diventare insostenibile. Solo tra ottobre 2023 e gennaio 2023, la marina americana e la Royal Navy hanno distrutto più di 90 tra velivoli senza pilota e missili lanciati dai ribelli yemeniti. Una grande dimostrazione dell’efficienza dei sistemi di difesa aerea degli alleati anglo-americani, ma anche un conto estremamente salato.

Le armi laser, al contrario, sono estremamente economiche. Essendo dispositivi a energia diretta, funzionano con la corrente elettrica e possono essere quindi alimentati dai motori a turbina di una nave. Tecnicamente, possono sparare un numero illimitato di colpi al prezzo di un dollaro l’uno. Al momento, i vascelli degli Stati Uniti sono equipaggiati con varie tecnologie laser, tra cui l’Odin (Optical dazzler interdictor navy), un sistema a bassa potenza progettato per distruggere i sensori ottici dei droni, e l’Helcap (High energy laser counter-anti-ship cruise missile program), pensato per intercettare e far detonare i missili nemici prima che colpiscano la nave. Queste armi presentano ancora dei grossi limiti tecnici. Per fare un esempio, stando a quanto riferito dalla marina l’Helcap ha bisogno di 300 kilowatt di potenza per riuscire non solo a intercettare il missile, ma anche per distruggere la sua elettronica e far esplodere la testata o il carburante.

Sull’altra sponda dell’Atlantico, anche i britannici hanno sperimentato l’utilizzo di questo tipo di tecnologie. Nel 2024, e dopo un investimento di 100 milioni di sterline, la Royal Navy ha annunciato di aver ottenuto successi significativi con il sistema Dragonfire, i cui colpi sono in grado di abbattere droni, missili e aerei nemici a un costo irrisorio.

Al momento, a reale portata di quest’arma è coperta dal segreto militare, ma in teoria dovrebbe essere in grado di ingaggiare qualsiasi tipo di bersaglio, anche quelli che viaggiano alla velocità della luce. Le navi attualmente in dotazione alla marina di sua maestà non possono essere equipaggiate con questo sistema, che verrà però integrato su quelle in costruzione.

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