Diliberto: "In Italia la salma di Lenin"

Il segretario Pdci celebra la Rivoluzione d’Ottobre: peccato che Prodi non ne porti i valori di libertà

Diliberto: "In Italia la salma di Lenin"

Mosca - La Piazza Rossa dà i brividi anche a chi comunista non lo è mai stato; figuriamoci a chi, come Oliviero Diliberto, comunista lo è ancora. Dice di non provare nostalgia, ma il ricordo della Rivoluzione d’Ottobre lo emoziona. E poi il freddo pungente, la gioia di camminare al fianco di Ghennady Ziuganov, leader del Pc russo, di altri cento compagni del suo partito, il Partito dei comunisti italiani, e dei rappresentanti di altri gruppi provenienti da tutta Europa. La suggestione è grande. Per la seconda volta nella sua vita, Diliberto scende nella sala che ospita la salma mummificata di Lenin, dopo aver deposto un garofano rosso davanti al mausoleo. Si raccoglie per qualche istante, poi, evidentemente ispirato, riemerge. Ha voglia di parlare, per la delizia dei giornalisti.

A chi gli chiede se il corpo del padre dell’Unione sovietica debba restare lì o essere trasferito altrove, come ipotizza Putin, lui risponde deciso: «Portiamola a Roma». È una battuta, «solo una battuta» insisterà in serata, che però la dice lunga sui suoi sentimenti. E che suscita immediate reazioni in Italia.
Il capogruppo dell’Udc Luca Volonté attacca: «Avrà bevuto qualche bicchierino di vodka. Vuole la salma? La porti a casa sua o nella sede del suo partito». La Lega ironizza: «Al Senato sarebbe in ottima compagnia». Scompiglio nella direzione di Rifondazione comunista: «Noi siamo qui a parlare dei problemi e del rilancio della sinistra ma c’è qualcuno che pensa a dove collocare la salma di Lenin - commenta il segretario Franco Giordano - devo dire che le cose così si complicano».

Diliberto va oltre. Si rammarica che il governo Prodi «non riesca a portare i valori della Rivoluzione d'ottobre». E la sua, questa volta, non è una battuta. Ritiene che quell’evento «resti un simbolo, indipendentemente da tutto ciò che è capitato dopo» ed è «paragonabile alla presa della Bastiglia». Perché «in fondo, il grande insegnamento del 1917 è che per la prima volta lavoratori e classi subalterne sono diventate protagoniste e non spettatori della storia». Senza pentimenti? «I pentimenti non appartengono ai giudizi storici. Sarebbe come dire che la Rivoluzione francese non si doveva fare perché poi c’è stata la ghigliottina in piazza», replica Diliberto, persuaso che la Rivoluzione bolscevica «sia stato un evento liberatorio, che ha lasciato una traccia indelebile nella storia, diffondendo idee di libertà in tutto il mondo».
Capito? Falce e martello sono un simbolo positivo, di progresso, di emancipazione. E Stalin? E i gulag? E le popolazioni costrette a subire il paradiso rosso imposto dal Grande Fratello sovietico? «Naturalmente non voglio mettere parentesi alla storia, perché la storia non si cancella», precisa. Poi provoca Prodi, Veltroni e in genere la sinistra moderata, affermando di considerare «bizzarro e provinciale» l’atteggiamento di quanti in Italia ritengono «da nostalgici» la celebrazione della rivoluzione del 1917, tanto più in occasione del novantesimo anniversario.

In fondo «anche Sarkozy festeggia la ricorrenza della Rivoluzione francese». Per Diliberto ci sono analogie tra i due fatti, «con la differenza che in Francia fu la borghesia la classe rivoluzionaria che cambiò la storia, mentre in Russia fu il proletariato, il più subalterno del mondo». Sì, il freddo è molto intenso a Mosca. E a tarda sera la polemica sulla salma di Lenin si ravviva. «Possiamo accettare la proposta, ma solo a condizione che la Russia si prenda in cambio Diliberto», dichiara Gasparri di An. Il leader del Pdci rintuzza: «Lo scambio si può fare, ma non alla pari, bensì con un conguaglio in denaro a nostro favore».

E via di questo tenore, con una sorpresa finale: a Diliberto, il presidente Putin non dispiace affatto.

Certo, considerato lo scarso pluralismo dei media in Russia, giudica «abbastanza fondate le preoccupazioni su una dialettica democratica molto ridotta», ma il capo del Cremlino intende cementare un asse con India e Cina contro gli Usa. E questo conta per il compagno Diliberto, eccome se conta.
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