Dipendente-spia da Armani Rubava gli abiti «top secret»

Dipendente-spia da Armani Rubava gli abiti «top secret»

I carabinieri della compagnia Magenta hanno guardato oltre la superficie di quello che, a prima vista, poteva sembrare solo un ladro e niente più. E hanno intuito che Mario C. - 40enne assistente e segretario dell'ufficio stile della Armani jeans donna, la linea sportiva femminile creata dallo stilista piacentino - non avrebbe certo rischiato l'onta della denuncia, il carcere e la possibilità di restare disoccupato, semplicemente per portarsi a casa non capi di haute couture, bensì alcune paia di pantaloni da rivendere altrove e farci (forse) qualche soldo extra.
La «Giorgio Armani spa» preferisce non commentare in alcun modo l'ipotesi di spionaggio industriale che si profila dietro la vicenda di questo loro dipendente sorpreso mentre, la sera, senza nemmeno troppi accorgimenti, si nascondeva nella tuta della moto capi della collezione non ancora entrata in commercio e poi si accingeva a lasciare il lavoro insieme a tutti gli altri dipendenti dagli uffici amministrativi nonché sede legale della holding di via Bergognone, in zona Porta Genova. Tuttavia è da luglio che in azienda si erano accorti che dagli uffici stile - quelli dove vengono ideate le collezioni e creati i primi modelli, cioè i prototipi - continuavano a sparire dei capi. C'era qualche sospetto, ma niente di preciso. Così avevano allertato i carabinieri che hanno iniziato un servizio di osservazione in borghese all'esterno degli uffici. E Mario C. è entrato subito nel mirino degli investigatori proprio perché l'uomo usava ben poche precauzioni nel portare fuori i capi dalla sede di via Bergognone. Anzi: lo faceva in maniera piuttosto smaccata.
«Quando l'abbiamo fermato, l'altra sera, aveva un voluminoso rigonfiamento nei copri gamba che indossava per guidare la moto: non si poteva non notare - spiegano i carabinieri -. Davanti alle nostre richieste di mostrarci quel che nascondeva (3 capi, pantaloni e top da donna, per un valore totale di 1200 euro, ndr) l'uomo si è mostrato molto stupito e ha subito ribattuto che lui era stato autorizzato dall'azienda a portarli fuori. Quando gli abbiamo fatto notare che le cose non stavano così, però, non ha più sollevato alcuna obiezione»
A casa, un appartamento al Vigentino dove l'impiegato vive solo, i militari hanno rinvenuto un'altra trentina di capi per oltre 7mila euro di valore, ma è chiaro che il materiale sparito per mano dell'uomo ammonta a cifre più consistenti.
Ieri Mario C. è andato in direttissima per furto aggravato, l'arresto è stato convalidato ma l'uomo, incensurato, è stato rimesso in libertà in attesa del processo. Le indagini su di lui, però, non finiscono qui.

«Vogliamo verificare la sua rete di contatti e conoscenze per valutare se si configura lo spionaggio industriale inteso come violazione del diritto di copyright». Se fosse accusato di tale reato Mario C. rischierebbe fino a tre anni di reclusione.

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