A piazza Affari il dado è tratto, ovvero il luogo pubblico più simbolico della Milano finanziaria è ormai ufficialmente eletto a piattaforma per le provocazioni dell’arte contemporanea. In principio fu Maurizio Cattelan, che in questi giorni fa discutere (ma non troppo) per i suoi piccioni imbalsamati alla Biennale di Venezia ma che proprio qui ha dato vita a uno dei più interessanti esperimenti di arte pubblica degli ultimi anni, con il suo dito medio eretto nella piazza razionalista a farsi beffa di quell’economia corsara che si è fatta beffe dei risparmiatori. Sembrava finita, e invece no. Da qualche settimana, da uno degli edifici della piazza anni Quaranta pendono inquietanti due bandierone gialle, vessilli assai simili a quelli che indicavano peste a bordo sulle navi, ma che potrebbero anche ricordare il giallo del colore degli ebrei nei campi di concentramento. Anche in questo caso si tratta dell’opera di un artista, l’austriaco Eduard Winklhofer che al citazionismo classico dell’italiano Cattelan ha replicato con la freddezza concettuale tipica dell’arte mitteleuropea. Ma la sostanza è la stessa: il «vaffa» del Maurizio nazionale corrisponde perfettamente al «vade retro» di Winklhofer. Ma ciò che rende certo più clamorosa l’operazione è che la sede da cui pendono i mortiferi drappi è la filiale di una banca d’affari svizzera, la zurighese Vontobel specializzata in asset management e private banking, un soggetto protagonista insomma di quella stessa finanza globale finita spesso sotto accusa in questi anni. Un mea culpa o soltanto la boutade di un artista? «L’arte ha il dovere di provocare» dice il direttore Francesco Tarabini Castellani, appassionato collezionista e presidente del progetto «Vontobel per l’arte» che si occupa nelle proprie sedi della promozione di nuovi artisti internazionali. Tra cui Winklhofer di cui è in corso un’interessante mostra di pittura e scultura negli spazi della filiale milanese di piazza Affari 4. «Il messaggio non è contro la finanza in quanto tale ma contro quelle degenerazioni che hanno prodotto le bolle speculative corresponsabili della crisi economica in cui versa il mondo occidentale» spiega Tarabini che in questi giorni è in ricognizione alla Biennale di Venezia. «Le bandiere gialle vogliono lanciare un monito a chi ha la responsabilità di gestire i risparmi della gente che ha fatto sacrifici per una vita intera. Il mio presidente, Hans Vontobel, ha 95 anni e nella sua vita ha visto passare otto crisi. Di quest’ultima ha detto: si risolverà in tempi brevi ma, senza interventi strutturali, ne provocherà un’altra ancora più grave». Già, ma l’arte che cosa c’entra? «Trovo significativo che proprio qui, nel cuore della City, gli artisti intervengano nel dibattito con il proprio linguaggio che non è fatto di numeri ma di sollecitazioni emozionali - dice Tarabini - Su questa balconata, dietro le bandiere gialle, l’artista ha collocato due madonne di gesso bianco, un’iconografia che rimanda certo alla madonnina simbolo di Milano, ma anche al forte bisogno di tornare ad una concezione etica dell’economia, della politica e della società». Nelle sale dell’istituto di credito, Winklhofer ha avuto carta bianca per collocare le sue installazioni, veri e propri ready mades duchampiani fatti di oggetti quotidiani sempre collocati al limite di un pericolo imminente, tra bottiglie molotov, strumenti musicali, tavoli capovolti appesi al soffitto ma anche oggetti di culto e citazioni fiabesche.
«L’arte deve colpire al cuore - dice Tarabini - e dopo la mostra di Winklhofer, e quella scorsa dedicata al pittore brasiliano Sampaio, dedicheremo i nostri spazi ad altri talenti che verranno selezionati da un comitato scientifico guidato dai critici del calibro di Bruno Corà e Pietro Bellasi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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