Diventa un film la barbara uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo

La storia del figlio del pentito strangolato e sciolto nell'acido dai mafiosi diventerà un lungometraggio. Lo ha annunciato la regista palermitana Marina Paterna, finalista al festival di Taormina e già autrice di un cortometraggio sulla vicenda

La sua storia ha commosso e gelato tutti. E al tempo stesso è diventata il simbolo della mostruosa barbarie cui la ferocia mafiosa può arrivare. Perché solo di ferocia si può parlare quando i mafiosi strangolano e sciolgono nell'acido un ragazzino di 14 anni la cui unica «colpa» è quella di essere figlio di un collaboratore di giustizia. Ma la storia di Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito della strage di Capaci Mario Santo Di Matteo ammazzato senza pietà dai boss diventerà un film.Per non dimenticare, mai. E per far sì che il sacrificio di un bimbo non sia stato vano.
Diventerà un lungometraggio «Io vivo!», il corto della regista palermitana Marina Paterna, finalista al festival del cinema di Taormina, che racconta il dramma del piccolo Giuseppe, rapito da finti poliziotti nel maneggio che frequentava, tenuto segregato per oltre un anno, e ucciso quando ormai era diventato una larva, a 14 anni, per punire il padre collaboratore di giustizia. Il video, con le musiche della direttrice d'orchestra Mari Salvato, allieva del maestro Astor Piazzolla, racconta i giorni del sequestro e dell'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo.
Il corto è stato proiettato a San Giuseppe Jato, il paese in cui il piccolo Giuseppe è stato tenuto nascosto in una villa bunker e poi ucciso, in occasione del quindicesimo anniversario di quella tragica uccisione. «Dopo due anni di ricerche ho trovato un produttore disposto a farne un lungometraggio - dice la regista - e a febbraio dovrebbero iniziare le riprese. È ancora presto per dare notizie sul cast, ma mi piacerebbe fosse costituito, in gran parte, da attori sicilianì.
A interpretare il piccolo Di Matteo è il palermitano Rosario Palazzolo. »Rappresenta l'anima del bambino - spiega la regista -: parla a se stesso ancora piccolo pur pronunciando le stesse parole brutali dei suoi carnefici.

Nel video consegna un carillon, è un oggetto che suggella un segreto, un messaggio: Giuseppe vuole restare bambino ed essere ricordato così per sempre, perché sa cosa può fare un uomo e cosa non vuole diventare».
La proiezione a San Giuseppe Jato si è inserita in una serie di iniziative organizzate dai Comuni di Altofonte e San Giuseppe Jato insieme al consorzio Sviluppo e Legalità e alla Provincia di Palermo.

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