Diventavano ciechi per costruire il Duomo I milanesi ricordano gli scalpellini «eroi»

Poteva bastare una scheggia sola. Altre volte era per l'esposizione continua alla polvere del marmo, impalpabile ma penetrante. Non c'erano occhiali né maschere protettive, sette secoli fa. Per questo gli scalpellini diventavano ciechi. Non tutti, ma molti sì. Lavoravano il marmo per molte ore al giorno per costruire la più spettacolare Cattedrale del Nord Italia.
Sono gli operai che hanno perso gli occhi per edificare il nostro Duomo. Centinaia, migliaia, ancora non sappiamo quanti fossero. Presto arriverà un censimento, il presidente dell'istituto dei ciechi, Rodolfo Masto ha annunciato che «dedicherà il 2009 alla ricerca degli scalpellini rimasti ciechi. Era una sorta di malattia professionale ante-litteram, sappiamo che in seguito agli incidenti sul lavoro, la Fabbrica del Duomo concedeva una pensione di invalidità agli operai infortunati. Se tanti secoli fa ci sono state persone che hanno sacrificato gli occhi per rendere bella la nostra città non si può restare indifferenti».
Nasce da questo fatto la devozione della Veneranda Fabbrica a Santa Lucia (dal latino lux, ossia luce) la santa protettrice della vista. «Da allora tutti gli anni oggi, il 13 dicembre, si fa festa - ha confermato Giulia Benati, direttrice del museo del Duomo - i dipendenti della Fabbrica non lavorano e mangiano il pane benedetto. La Fabbrica del Duomo fu una delle prime imprese a istituire un sistema di previdenza per i suoi dipendenti vittime di incidenti sul lavoro». Il presidente dell'Istituto dei ciechi avvierà la ricerca proprio con la Fabbrica del Duomo oltre che con il Museo diocesano. «Il senso di questa nostra indagine ha più risvolti - ha spiegato Masto -. Recuperare un pezzo di storia di Milano, consolidare il legame fra chi non vede e la Cattedrale simbolo della nostra città e richiamare l’attenzione sui ciechi. Nel mondo ci sono 50 milioni di persone che non vedono e 350 milioni come me, ipovedenti, ossia che vedono poco. Penso che le iniziative volte a far conoscere il nostro piccolo mondo contribuiscano a rendere la società più aperta».
Oggi gli operai del gran cantiere del Duomo lavorano in tutt'altre condizioni di sicurezza ma il marmo viene estratto sempre dalle cave di Condoglia come nel 1386, quando cominciò la costruzione del Duomo. La miniera pregiata è a cento chilometri dalla città, in val d'Ossola. E se oggi i blocchi di marmo arrivano a destinazione con l'autostrada allora viaggiavano sul Naviglio, da Sesto Calende a Tornavento fino al Naviglio Grande a bordo di enormi barconi con la scritta a.u.f. (ad usum fabricae) perché si sapesse che erano esenti da dazi e gabelle (da qui l'espressione «a ufo» per indicare gratuitamente). Oggi il cantiere dei marmisti è in via Brunetti.

Il restauro della facciata del Duomo, iniziato nel 2003, si è appena concluso. Entro il 2010, in vista dell'Expo, verrà sistemata la guglia maggiore, ossia la Madonnina. Verrà riaperto il museo del Duomo, chiuso dal 2005 e riqualificata l'area archeologica del sagrato.

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