L’ arresto di Michele Zagaria è stato commentato con due celebrazioni e una condanna: la vittoria dello Stato, l’apoteosi di Saviano e la deplorazione del paese Casapesenna che tifava per il boss.Scusate, ma vi è sfuggito l’elemento essenziale: la vita santa di Don Miché.
Voi pensate che quest’uomo ricchissimo e potentissimo, che aveva ai suoi piedi aziende, città e guaglioni, ha vissuto per sedici anni sottoterra. Sì, accessoriato e servito, in un bunker hi-tech. Si è tumulato in una cripta, come i santi, ha rinunciato a tutto, al sole, al vento e alla vita, ad avere moglie e figli. Ha vissuto nella tomba solo di una Famiglia, la cosca, come se fosse un ordine di monaci in clausura. Non era meglio vivere da poverocristo a mille euro al mese?
Eroico e santo, martire dei suoi stessi crimini, leggeva i libri che narravano le sue gesta, quelli del magistrato Cantore e di Saviano, più un’antistoria borbonica del Sud di Gigi di Fiore e l’agiografia di Steve Jobs, teologo del Mac. Ha rinunciato alla vita per nutrire la sua leggenda, si è sacrificato al Dio Guappo. Il massimo del potere nel massimo dell’impotenza. Ha vissuto peggio di Saviano.
Non trovate in tutto questo un percorso ascetico di fede devota? Lo ha capito il suo parroco che lo ha definito un fedele come gli altri. No, avrebbe dovuto dire: più degli altri.
Meritato riposo dopo una vita di sacrifici. Santo capovolto perché non scelse la diritta via ma quella storta, come la sua capa.
Ora in carcere avrà almeno un’ora d’aria, vedrà più gente, sarà più libero e sereno.
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