Tra donne, fumo e whisky il ruggito di «The Lion» ha già sedotto Tolcinasco

È uno dei big più amati dal pubblico: pesa 105 chili, esagera con alcool, hamburger, nicotina e tavoli da gioco. E colleziona mogli e ammonizioni

Se una stella, anzi una star pesa 105 chili, è alta un metro e ottanta e la sua massa corporea è consistentemente intrisa di whisky e nicotina, ebbene questa stella, anzi questa star, farebbe una certa fatica a stare su. E invece.
Invece, fortunatamente per lui e anche per noi, John Patrick Daly, da Carmichael, California, 42 anni compiuti il 28 aprile, riesce, sfidando tutte le leggi della gravità e dello sport, non solo a restare su, in quel firmamento, ma anche a brillare di luce propria da quando è diventato professionista di golf. Quindi dal 1987.
Lo vedremo in azione, Daly, all’Open d'Italia che va a incominciare sul tracciato di Tolcinasco, e grazie a lui, per quattro giorni torneremo tutti più normali. Anche il golf tornerà più normale.
Perché The Lion (gli altri nicknames che gli hanno affibbiato tipo Big John, Long John, Rambo mi sembrano insipidi e banali), prima di essere un grande giocatore di golf è un uomo dal cuore grande. Un uomo che ha sbagliato e sbaglierà ancora, certo. Che ha pagato e pagherà di persona.
Esagerato in tutto. Nella stazza, come nelle sue debolezze: il Jack Daniel's, che ha sempre ingollato a ettolitri fin dalla tenera età, le sigarette, che accende ad ogni piè sospinto sui fairways del mondo. E i casino. Preferibilmente, ma non solo, quelli che noi qui accentiamo sulla «o». Perché The Lion lavora abitualmente sul green ma perde la testa davanti ad un altro green. Il verde dei tavoli da gioco. John avrà perso milioni di dollari, qualcuno azzarda 70 milioni di dollari tra chemin, roulette etc. Quando è in crisi di astinenza, in preda a irrefrenabili pulsioni gli va bene tutto. Purché si giochi. Così vanno bene anche le slot machines che incontra appena mette piede al McCarran airport di Las Vegas. Giusto per scaldarsi i polpastrelli e raffreddarsi il portafoglio prima di arrivare in città e farsi il giro delle sale del Bellagio, dell'Excalibur, del Venezia e, per concludere, del Luxor. Certo svuotandosi le tasche deliberatamente, pigliandosi delle tranvate col suo whisky preferito, John Patrick Daly si è beccato anche calci nel sedere, in più d’una occasione.
Calci nel sedere veri e metaforici. Che nella carriera di un professionista bruciano come solo certe umiliazioni bruciano. Una quantità industriale di squalifiche, ammonizioni, avvertimenti. Persino, evento rarissimo nel golf, un’espulsione storica che lo ha lasciato con il drive a mezz’aria durante il Kapalua International quando, era il 1993, gli arrivò la mazzata della sospensione dell'attività agonistica a tempo indeterminato per somma di irrequietezze e atteggiamenti indisciplinati.
Oltre ai calci nel sedere, al whisky, alle sigarette, alla roulette, ai bistecconi e agli hamburger, che trangugia come noccioline, nella vita di John Patrick Daly hanno sempre occupato un posto importante anche le donne. Le donne e le mogli. Che arrivano e vanno. Soprattutto se ne vanno. The Lion ne ha collezionate parecchie. Delle donne non conosciamo il numero mentre con le mogli il conteggio è più facile. John, tanto per restare sul tavolo verde, ha fatto poker. L'ultima, la quarta, la paziente Sherrie, l'anno scorso, dopo avergli spiaccicato in faccia un astice in un sea-food restaurant della celebre catena Red Lobster, ha cominciato a colpirlo con discreta veemenza con un coltello. Lui se la ricorda ancora quella scena, accarezzandosi le cicatrici.
Ma c’è un altro John Daly, quello dal cuore grande almeno quanto è grande e grosso lui. Ecco, sappiate che John è fra i professionisti di golf più generosi del Tour. Presta denaro a chi è in difficoltà e ha la lacrima facile al primo commovente racconto di situazioni disastrate, vere o false che siano. Ha dato corpo a una fondazione che porta il suo nome dedicata ai senza tetto, ai diseredati, agli anziani meno abbienti. È impegnato a sostenere un’altra associazione per bambini orfani e ha istituito un fondo di solidarietà, assicurando una borsa di studio alle due figlie di Thomas Weaver, l'uomo ucciso da un fulmine durante il primo giro del Pga Champhionsip del 1991. John Daly è questo e ancora di più. Se è vero, come e vero che, amante della poesia e discreto chitarrista, ha voluto raccontarsi senza giri di parole in un album dal titolo My Life.
Poi c’è il Daly che produce e firma tre vini californiani, due bianchi (The Fairway Range e The Lion's Range) e un rosso corposo (The perfect round) e ancora il Daly titolare di un ristorante e grill ad Olive Branch (Ms) che nel menu propone fra l'altro Daly Dogs e Zero Iron Steak... Ecco il Daly che vedremo all'Open d'Italia. Quel Daly che meno si conosce.
Perché, in fondo, è facile parlare del Daly star del golf che tutti ben conoscono.

Che ha fatto suoi tra l'altro due Major come l'Us Pga Champhionsip e il British (beffando ai play off proprio Costantino Rocca), quel Daly che nel 2004 si è portato a casa il Buick Invitational e col drive picchia così forte che supera le 289 yarde, converrete che sarebbero bastate queste poche righe in chiusura.

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