La doppia missione del Polo: cacciare Prodi e non deludere

Pietro Mancini

La grande manifestazione popolare, con oltre 2 milioni di italiani, scesi in piazza San Giovanni a Roma per protestare contro la Finanziaria ha messo sul tavolo della politica, al contrario di quanto sostengono con sussiego i giornali progressisti e i capi dell’Unione, due proposte concrete: ricontare le schede del voto di aprile, anche alla luce dell’inchiesta flop di Deaglio, e mandare a casa subito Prodi e i suoi alleati. E ha detto altre due cose molto importanti: dodici anni dopo la sua «discesa in campo» Silvio Berlusconi è ancora il leader più forte e amato nel centrodestra, come ha riconosciuto persino uno dei suoi grandi nemici, il «vate» della stampa radical-chic Eugenio Scalfari. Pier Ferdinando Casini è uscito nettamente sconfitto, la sua manifestazione «frondista» e nostalgica del Grande centro Dc di Palermo è stata travolta dall’oceanica adunata romana. Quando il Cavaliere tra qualche anno deciderà di tornare ad Arcore, il leader della Cdl sarà Gianfranco Fini, che ha dimostrato di saper parlare, da capo di una forza «tranquilla», con maturità e con abilità all’Italia, che chiede una svolta in tutti i settori dopo il fallimentare bilancio dei primi 7 mesi del pletorico esecutivo del Professore.
Dopo il Cavaliere, i protagonisti della bella serata romana sono stati i milioni di italiani, anonimi, perbene, seri, lavoratori e onesti, sfiancati dai tanti balzelli imposti da Prodi, Visco e Bersani, senza nulla dare in cambio. Sì, proprio quella che è stata definita la «maggioranza laboriosa» del Paese. Questi nostri concittadini sono piombati a Roma da tutte le zone del Paese, manifestando pacificamente e chiedendo di poter progredire in un Paese governato con maggior competenza e onestà. Altro che «partito di plastica», come Forza Italia viene definita dai maîtres à penser della sinistra. Stavolta Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, Lucio Malan ed Elisabetta Gardini, in passato criticati spesso a torto e ingenerosamente, hanno dimostrato di essere in grado di organizzare perfettamente il corteo come facevano in passato i capi del Pci e della Cgil.
Per il centrodestra in prospettiva la strada giusta sembra quella di puntare a creare, nelle realtà regionali, dei nuovi «Comitati unitari delle libertà», aperti, liberi e non condizionati dalle ristrette e deleterie oligarchie partitiche. E accoglienti «case dei cittadini», dove tutte le categorie e i rappresentanti delle professioni, del mondo produttivo e della galassia giovanile possano riunirsi e far emergere proposte concrete, da discutere con gli eletti, che dovranno tenerne conto e non cestinarle.
L’Unità dell’ex collaboratore di Gianni Agnelli, Furio Colombo, ha sprezzantemente bocciato il corteo romano come «una marcia nel vuoto».
Nei prossimi giorni verificheremo se la risposta del governo e del centrosinistra si rivelerà più efficace di quella debole e astiosa, abbozzata subito dopo il mega comizio di San Giovanni dal quotidiano del primo partito ulivista. Da parte loro, i capi del centrodestra, smaltita la legittima euforia per il successone di sabato, dovranno tradurre in iniziative politiche e parlamentari più incisive ed efficaci di quelle sinora attuate le larghissime adesioni popolari incassate, molte - e questo elemento va sottolineato - provenienti da larghi settori di elettorato moderato, profondamente delusi dal centrosinistra. Probabilmente Romano Prodi riuscirà a mangiare il panettone natalizio a Palazzo Chigi, ma nelle prime settimane del 2007 potremmo assistere a una staffetta nella premiership. Perché difficilmente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano concederà, senza esperire un altro tentativo, le elezioni.

Sulle quali a San Giovanni ha insistito con forza anche Umberto Bossi, accolto con affetto dai manifestanti e dai tantissimi romani presenti, quasi a sottolineare che le divisioni del passato, nella Casa delle Libertà, possono e devono essere superate e composte.

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