Milano - "Inattendibile". Così, in due parole, il giudice preliminare Mariolina Panasiti liquida la testimonianza resa da Marco Tronchetti Provera, ex numero uno di Telecom, nel processo per i dossier illeciti raccolti dalla compagnia telefonica sotto la sua presidenza. Secondo il giudice, Tronchetti Proverà mentì quando descrisse l'attività della security aziendale guidata da Giuliano Tavaroli come un fenomeno di devianza, una sorta di scheggia sfuggita al controllo dei vertici della società.
La testimonianza Di quello che avveniva in quel settore, ha detto in sostanza Tronchetti quando è stato convocato in aula, sapevo ben poco. E ancora meno conoscevo i metodi impiegati per la raccolta dei dossier dagli investigatori al soldo di Tavaroli, primo tra tutti Emanuele Cipriani, titolare della società fiorentina Polis d'Istinto (e fornitore, a dire il vero, anche di altre aziende di primo piano dell'economia italiana). Ma la Panasiti non gli crede.
Il giudice La inverosimiglianza delle deposizioni di Tronchetti è talmente marchiana, secondo il giudice, che nell'ordinanza depositata questa mattina vi si dedicano solo poche righe, per liquidarla come "inattendibile". In quasi quattrocento pagine, invece, la Panasiti si dedica ad analizzare in profondità quella che era secondo lei la vera natura della security Telecom: non un corpo estraneo, ma una efficiente macchina messa a tutela degli interessi aziendali e di quelli personali del presidente. Per questo il giudice archivia le accuse di appropriazione indebita mosse dalla Procura a Tavaroli e Cipriani, e chiede che siano riaperte le indagini a carico di Tronchetti.
Episodi sospetti Tra gli episodi che la sentenza indica per dimostrare la piena consapevolezza dei vertici di quanto accadeva nella struttura di Tavaroli, il giudice cita quello del dossier New Entry, dedicato al misterioso (ma non troppo) Oak Fund: si tratta del fondo che stava nell'azionariato della compagnia telefonica Bell, e di cui si diceva che nascondesse gli interessi economici del partito dei Ds. Il dossier raccolto da Cipriani (che confermava il collegamento con i vertici della Quercia) venne infatti fatturato regolarmente e pagato non una ma due volte; la prima da Pirelli, la seconda - dopo lo storno della precedente fattura - da Telecom. Sarebbe inusuale, sottintende il giudice, che un dossier raccolto all'insaputa del board aziendale venisse approvato a ripetizione dagli uffici preposti ai pagamenti (e che, giova ricordarlo, non facevano parte delle strutture di Tavaroli).
Prosciolto Mancini Ma la parte più corposa del provvedimento depositato stamane dal giudice Panasiti è quella in cui si spiega dettagliatamente come si è arrivati a prosciogliere da ogni accusa un altro imputato importante di questa vicenda: Marco Mancini, alto funzionario dei nostri servizi segreti militari, accusato di avere passato a Cipriani materiale proveniente dagli archivi del Sismi o da altre fonti del servizio. Per Mancini (che era già uscito incolulme, dopo l'imposizione del segreto di Stato, dal processo per il rapimento Abu Omar) la Panasiti dimostra come molti dei dossier che Cipriani diceva di avere ricevuto contenevano in realtà notizie di pubblico dominio, e spesso già note come bufale.
Mentre sul contenuto di altri dossier non è possibile formulare l'imputazione, o perché non ci sono prove che venissero da Mancini, o perché è passato troppo tempo, o perché anche su di essi è scattato il segreto di Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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