L'ultimo appello del "dottor morte": "Non dimenticatemi sotto il fango"

Nelle ultime righe lette in aula medico killer di Saronno fa una richiesta: non dimenticatemi sotto il fango

L'ultimo appello del "dottor morte": "Non dimenticatemi sotto il fango"

Nelle sue parole colte e altisonanti, quasi sfarzose, prima della sentenza, il medico killer Leonardo Cazzaniga fa trasparire non solo la volontà di emergere e di apparire, ma emette anche un appello: "Non odiatemi, non dimenticatemi, non scenda sulla mia memoria il fango".

È una “breve dichiarazione” ha detto Cazzaniga in aula. In realtà sono 15 pagine scritte in stampatello che ha inteso leggere sebbene reputi che “verrà sicuramente intesa come subdolo tentativo di captatio benevolentiae”. Il tono è quello dell’uomo istruito che vuol fare trasparire la propria cultura, anche se il vero fine, ha affermato, non è quello di “cingere di malia le menti di coloro i quali, seduti sullo scranno del giudicare, sono a me di fronte. Non vuole evitare di essere reputato per quei 15 omicidi volontari 'un demonio'. Nulla posso dire o fare per cancellare tale impressione”. Si tratta invece a suo dire di un “autentico, doloroso sentire”; prima della “catastrofe”, c'è questa “acuta consapevolezza”.

Un demonio dunque. Un demonio che però ringrazia i suoi avvocati, che prima chiama “angeli custodi” e poi subito rinomina “arcangeli guerrieri”, per “aver creduto in me autenticamente, nell’essere umano che agiva o credeva di agire nel giusto, nel vero”. C’è sincerità nelle parole di Cazzaniga? Difficile dirlo ma c'è almeno un'apparente ricerca di umanità. Non nega o rinnega le proprie colpe e anzi ringrazia gli agenti di polizia penitenziaria, e persino la pubblica accusa, perché lo hanno fatto sentire “un essere umano e non un feroce assassino”.

"Da quel fatale, fatidico 29 novembre del 2016 – spiega Cazzaniga – alla mia vita v’è sempre stata compagna la mia morte. Il suo pensiero, la sua accudente presenza hanno rappresentato e ancora rappresentano il faro, l’orizzonte verso cui gettare lo sguardo". Da brividi. Il testo però si conclude con una richiesta: “Chiedo solo che sulla mia memoria non si depositi l’immondo fango, il liquame”.

Nel suo accorato appello un uomo che chiama "compagna" e "faro" la morte chiede dunque di non essere

dimenticato. Sono parole a tratti persino commoventi, che lasciano l’animo interdetto dal bisogno di pietà e contemporaneamente da quello di giustizia. Incancellabile e scolpita resta però il nome dell’inchiesta: angeli e demoni.

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