Inesperti, impreparati e incoscienti vanno allo sbaraglio senza immaginare i pericoli e a fine della stagione tra morti, feriti e invalidi sembra quasi un bollettino di guerra. Tanto che andare a funghi si sta rivelando una pratica più rischioso del più spericolato degli sport estremi. E così decine di persone perdono la vita prima cadendo lungo i sentieri ma soprattutto mangiando poi un’amanita o un boletus scambiati per innocuo prataiolo. "Ogni anno trattiamo un migliaio di persone e in almeno due o tre casi non c’era più nulla da fare" confessa sconsolata Franca Davanzo, direttrice del Centro Antiveleni di Niguarda.
Anche quest’anno infatti, come il 2009, la stagione si sta dimostrando particolarmente felice viste le condizioni climatiche, temperatura e umidità, particolarmente favorevoli. I boschi sono pieni e in troppi, dopo frettolose consultazioni di pubblicazioni specializzate o siti internet, si lanciano all’avventura. A fine agosto c’è stata una sorte di strage, con venti persone morte in dieci giorni scivolando sui sentieri. Il resto arriverà nelle prossime settimane quando i cercatori si trasformano in cuochi.
"Fra il 2004 e il 2009 i casi rilevati di intossicazione da funghi sono stati oltre 4 mila. Con 12 morti, tra cui un bimbo di 3 anni, 37 casi di insufficienza renale, sette dei quali hanno necessitato il trapianto" puntualizza la tossicologa. E il pericolo non viene solo dal classico "fungo velenoso" ma anche da speci ritenute commestibili. Comportandosi come spugne, assorbono qualsiasi inquinante e il loro consumo può provocare gravi intossicazioni.
"Purtroppo le modalità sono sempre le stesse - aggiunge Davanzo - Si raccolgono funghi credendo di conoscerli e non si fanno identificare da esperti micologi sebbene il servizio sia reso disponibile gratuitamente dalle Asl".
L’intossicazione è poi particolarmente insidiosa perché può manifestarsi anche dopo parecchi giorni, quando ormai è tardi per intervenire rischiando danni permanenti al fegato o ai reni. Che coinvolgono oltre al cercatore intere famiglie compresi bambini e anziani: l’82 per cento delle intossicazioni si verificano infatti in ambiente domestico.
Alla base, sempre e comunque improvvisazione e impreparazione. "Nel 66 per cento dei casi trattati dal Centro antiveleni negli ultimi 5 anni - spiega la dottoressa - si trattava di funghi non controllati: questo dato deve far riflettere, perché se queste persone si fossero rivolte all’esperto, non si sarebbero intossicati circa 3mila pazienti.
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