E' arrivato il momento della verità: Pontone per primo davanti ai pm

Da oggi a Roma gli interrogatori dei protagonisti dell’affaire Montecarlo Dopo l’ex tesoriere sarà convocato Lamorte. Tulliani invece non sarà sentito. Monaco non ha ancora inviato i documenti relativi all’affitto. E la Procura rinnova la richiesta

E' arrivato il momento della verità: Pontone per primo davanti ai pm

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

Roma - La verità di Francesco Pon­tone sull’ affaire monegasco, da stasera, sarà agli atti dell’inchie­sta romana. Tocca al senatore di Fli, ed ex tesoriere di An, inaugu­rare la sfilata dei protagonisti del­l­a sconcertante cessione della ca­sa di boulevard Princesse Char­lotte, 14. L’appartamento del Principato, che An ebbe in eredi­tà da una militante passata a mi­glior vita, venne ceduto nel 2008 a una società off-shore per 300mila euro. Pochi mesi (e un’altra compravendita, da off­shore a off-shore) dopo, ci andò a vivere Giancarlo Tulliani, «co­gnato »dell’ex leader di An,Gian­franco Fini.

La storia di quella improbabile compravendita, e delle «coinci­denze » a margine sugli inquilini­parenti, ha incendiato il dibatti­to politico per tutta l’estate. Ed è sbarcata in procura all’inizio di agosto grazie a una denuncia di due esponenti della Destra, il par­tito di Francesco Storace. Così gli inquirenti hanno prima acquisi­to una serie di documenti da via della Scrofa, e poi richiesto, per rogatoria, le carte relative alla compravendita al Principato di Monaco. E mentre ancora si aspetta che gli atti arrivino a Ro­ma (in particolare sarebbe atte­so il contratto d’affitto tra Tima­ra e Tulliani, che potrebbe orien­tare l’inchiesta), il pm capitolino ha fatto partire le convocazioni dei testimoni. Il primo a parlare, appunto, è Pontone, atteso per oggi pomeriggio. Il senatore par­tenopeo è lo «storico» ammini­stratore del tesoro di An, e fu pro­prio lui, l’11 luglio del 2008,a met­tere la sua firma sul rogito notari­le con cui la casa veniva ceduta da An alla «Printemps ltd».

Era lì in virtù di una procura generale che gli aveva conferito Gianfran­co Fini, che al quinto dei suoi stri­minziti otto «chiarimenti», l’8 agosto ha detto di aver autorizza­to Pontone a vendere quella spe­cifica casa a un acquirente che, sempre secondo la versione di Fi­ni, era stato individuato da Gian­carlo Tulliani. Sarà interessante capire se Pontone conferma con i pm l’iter della vendita delineato, a grandi (e opache) linee, da Fini. Perché Pontone al Giornale ha dichiara­to che Giancarlo Tulliani nem­meno sapeva chi fosse. E che se alla fine è andato a vivere lì è solo per una «incredibile coinciden­za ». Il paradosso è che il «cogna­to » Tulliani - che se Fini dice il vero su questa storia deve saper­ne un bel po’- non sarà probabil­mente sentito dalla procura di Roma. Che non riterrebbe cen­trale, nonostante sia proprio il presidente della Camera a tirar­lo in ballo, il ruolo del fratello di Elisabetta. Strana scelta.

La procura vuol capire se quella casa è stata ven­duta a un prezzo troppo basso, e perché. Difficile che Pontone possa dimostrare che 300mila euro nel 2008 fossero un valore congruo, visto che per quella ci­fra a Montecarlo ci si compra sì e no un box auto. Sarebbe stato in­teressante chiedere, ma a Tullia­ni, in che modo identificò il po­tenziale acquirente, e chi (e co­me) quantificò in 300mila euro il prezzo di vendita da formalizza­re per l’offerta. Una domanda al­la quale potrà rispondere Ponto­ne, come anche l’ex capo segrete­ria di Fini, Donato Lamorte (che verrà sentito presto).

Pontone, tra l’altro, spuntò prezzi vantag­giosi per le casse del partito in al­tre compravendite di beni del­l’eredità Colleoni. Dovrà spiega­re come mai, in questo caso, ac­cettò di cedere il bene a un quin­to del suo valore, senza aprir boc­ca. C’era un acquirente a cui fare un favore?

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