E la Cei avverte: «Questione morale riguarda tutti»

In Italia si assiste a un abbassamento della tensione morale e a un «disastro antropologico». C’è «una questione morale» che «ci riguarda tutti». Lo ha detto ieri mattina a Roma il segretario della Cei Mariano Crociata, durante la conferenza stampa conclusiva dei lavori del Consiglio permanente della Cei.
Il segretario della Conferenza episcopale ha ribadito la linea presentata lunedì scorso dal cardinale Angelo Bagnasco, che ha parlato chiaramente del caso Ruby rimarcando lo «sconcerto» del Paese e richiamando al decoro e alla sobrietà coloro che ricoprono cariche pubbliche, ma senza omettere un accenno alla sproporzione dei mezzi investigativi messi in campo per l’inchiesta sul Cavaliere, invitando infine tutti ad autolimitarsi. Richiamo che il clima di questi giorni fa pensare sia caduto nel vuoto, almeno per il momento. I vescovi del Consiglio permanente hanno unanimemente apprezzato la chiarezza e al tempo stesso l’equilibrio della prolusione di Bagnasco, considerata – si legge nel comunicato finale – «né reticente né aggressiva, e nel contempo capace di dar conto del disagio morale che serpeggia nel nostro Paese», capace di «tener conto della complessità dei fattori in gioco, senza prestarsi a interpretazioni di parte e riconducendo la questione a un livello culturale ed etico che chiama in causa la responsabilità di tutti, in particolare di quanti hanno maggiori responsabilità in vista del bene comune».
Concetti ripresi da monsignor Crociata nel corso della conferenza stampa di ieri. In questo momento in Italia «c’è un disastro antropologico», una «questione morale, ma ci riguarda tutti», ha spiegato il vescovo, ed è «troppo facile indignarsi senza coinvolgersi». La Chiesa è preoccupata «per l’andazzo generale in cui rischiamo di farci coinvolgere. C’è una tendenza che tocca tutti», anche se «con effetti e ricadute diverse»: un «abbassamento della tensione morale, della ricerca di ciò che è bene e giusto, del compimento del proprio dovere e dell’assunzione delle proprie responsabilità, della ricerca dell’utile e dell’interesse senza guardare al bene di tutti», ha detto il numero due della Cei. «Tutti dobbiamo sentirci interpellati, da chi ha le più alte responsabilità istituzionali al cittadino che deve pagare le tasse», ha aggiunto Crociata, ribadendo che «finché la ricerca del bene del Paese viene piegata, strumentalizzata e dunque rimane tacciabile di essere difesa di parte, credo che diventi difficile prendere in mano la situazione. È necessario uno sforzo, superare il clima di rissa, di rivalità e cercare ciò di cui il Paese ha bisogno, la soluzione dei problemi che riguardano tutti». Per il segretario della Cei «non c’è contrapposizione tra l’indignazione e la pacatezza. La pacatezza riguarda il modo di affrontare i problemi che indignano».
Crociata ha quindi ricordato che «chi ha maggiori responsabilità ha un maggiore impegno a risultare esemplare nel suo comportamento, nella sua vita, affinché le giovani generazioni crescano secondo un modello di autentica riuscita morale».
Il vescovo ha anche risposto a una domanda sul federalismo. «In ambito fiscale – ha detto – bisogna porre attenzione a che il federalismo non produca divari» tra una parte e l’altra dell’Italia.

«Il federalismo, nella sua concreta attuazione, è un banco di prova - ha spiegato Crociata - ed è importante che si ponga attenzione a tutte le esigenze a cui c’è bisogno di guardare perché il nostro Paese vada avanti. Noi insistiamo a salvaguardare l’unità e l’attenzione al territorio».

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