E il figlio del ceramista cancellò l’«era bulgara»

nostro inviato a Sassuolo (Mo)

Felicità così, alle stelle, qui in piazza «piccola», che poi sarebbe la piazza Garibaldi, quella dove svetta la torre dell’orologio, con l’iscrizione del Tassoni, c’era stata, e l’avevamo vista pure noi in diretta, giusto un anno fa. Per la storica promozione del Sassuolo in serie B. Un’impresa impossibile, soltanto a immaginarla se si pensa che nel 2002 la squadra di casa era talmente conciata male che andava alla deriva in C2. Solo che adesso è un’altra cosa. Un’altra festa.
Una festa che l’altra gente quella «non omologata» di queste terre aspettava da sessant’anni.
Arriva un tizio, Luca Caselli, uno che, 36 anni fa, è nato nel centro storico, a 100 metri dalla piazza «piccola». Uno che di botte ne ha prese, quando era un ragazzino perché la pensava diversamente è non si vergognava di dire in giro che era di destra. Ed ecco che accade, dopo un lungo pomeriggio di prima estate, ciò che non era mai accaduto in 60 anni: Sassuolo non è più rossa. Colpaccio non da promozione in serie B, ma da pallone d’oro. Un bel calcio piazzato, anche grazie alla regia Pdl del suo fraterno amico Enrico Aimi, che ha preso in pieno la sinistra. «Ci ho creduto, ho inseguito il sogno, e adesso mi risveglio sindaco», ci dice mentre cerca di rilassarsi al bar Garibaldi. Ma come si fa a rilassarsi dove ti conoscono tutti? Dove, ogni due per tre, la nostra conversazione viene interrotta da quelli che gli sono coetanei o da chi ha visto crescere, laurearsi, sposarsi, far tre figli e separarsi, il Caselli, il figlio del ceramista. Ci si mette anche la maestra, che ha bacchettato tutti a Sassuolo, e che arriva a sussurragli all’orecchio: «Luca io ho votato per la prima volta nel '48, ma questa volta l’ho fatto con più gusto».
A proposito di saluti c’è anche chi, nostalgico di un certo passato di destra, ha o avrebbe salutato la vittoria di Caselli alzando il braccio. «Una provocazione da cui ho già preso le distanze. Se qualcuno ci riprova in mia presenza a fare il saluto romano, scrivi pure, che sarò il primo a denunciarlo. Le foto che qualcuno ha messo in circolazione sono state scattate, che io sappia, giovedì scorso in un dibattito infuocato in piazza, in cui Pattuzzi non ha risparmiato colpi bassi. Del resto io l’avevo già denunciato perché, tempo fa, mi aveva accusato, mentendo ovviamente, di aver fatto il saluto romano in consiglio comunale».
Il Luca, dunque. Non il signor sindaco. «Sai perché la sinistra perde voti in Emilia Romagna? Perché non è più la sinistra della gente, ma la sinistra dei salotti. È la sinistra arrogante, e presuntuosa che sta dentro un film giurassico. Che non vede la realtà». Uno scarto di 140 voti che, in percentuale fa il 50,35 contro il 49,65% del sindaco uscente Pattuzzi non è una vittoria a mani basse, obietterà qualcuno col birignao vermiglio. Peccato che i voti che fanno la differenza, pesano come un macigno perché arrivano non solo dal centro storico ma anche dalle sezioni del quartiere-casba di Braida dove i sassolesi delle più recenti generazioni, sono costretti a vivere porta a porta con gli extracomunitari che sfuggono ad ogni controllo. Che spacciano, derubano, minacciano. E scacciano dai parchi bambini e anziani.
«La mia gente è esasperata, il primo atto da sindaco sarà lo sgombero del caseggiato I gerani, dove i clandestini hanno fatto il loro quartier generale. Poi organizzerò un pattugliamento dei vigili urbani 24 ore su 24. Chi accetta le nostre regole può lavorare con noi. Gli altri se ne devono andare. Lunedì al comitato elettorale si è presentato Ahmed, marocchino. Fa l’artigiano da vent’anni. Mi ha detto: “Ho votato per te, ma adesso mi devi fare un favore: manda via tutti quelli del mio Paese che sono venuti qui solo per spacciare e rubare”. Capisci? L’aria è cambiata e gli unici a non essersene accorti sono loro, quelli che adesso sono rossi di vergogna».
L’hanno scorrazzato in giro in Lambretta lunedì sera, il Luca dopo la vittoria. In una mano il tricolore e nell’altra il Lambrusco. Fiumi di Lambrusco che ha versato all’Ostaria, il ristorante dove va da sempre. Piatto unico: spaghetti allo speck e rucola per cento invitati. «Anche perché le frittelle di baccalà che è il piatto tipico di Sassuolo me li fa solo mia mamma oramai». La festa per tutti, del sindaco di tutti, ci sarà domani sera. «Insistono perché la faccia, altrimenti sembra brutto. Ma da come la sinistra ha ridotto Sassuolo, fosse per me non perderei tempo a festeggiare».
«Fai bene lavora e difendi il nostro lavoro» gli urla dai portici, Ferruccio, ceramista alla Iris. Che aggiunge: «E adesa an faram piò al piastrelli rosi». Mi guarda e ride il sindaco. E, per fortuna, traduce. «Ha detto che adesso non faremo più piastrelle rosse». Arrivano altre strette di mano e pacche sulle spalle. Scusi, sindaco, dimenticavo la domanda più importante.

Ma lei per chi tifa? «Per il Modena. L’ho sempre detto in campagna elettorale. Sono convinto che la trasparenza in politica paghi. Certo d'ora in poi mi toccherà andare vedere il Sassuolo, altrimenti che razza di sindaco di tutti, sarei?».

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