Larrivo a Roma del californiano Larry Gagosian, rincorso da mesi dalla stampa, sta per diventare realtà. Un colosso che, di sicuro, ravviverà la scena romana del contemporaneo. Nel suo nuovo spazio di via Crispi passerà il gotha dellarte internazionale e, dopo la Festa del cinema, ecco un altro parterre di divi. E, mentre non si sa ancora nulla della mostra che inaugurerà, cresce la curiosità per lennesimo «americano de Roma». Gli altri galleristi, dal canto loro, stanno a guardare, tra dubbi e finta indifferenza, ottimismo e disincanto. «Trenta anni fa, dicevo che larte si fa a Torino e Napoli - è lo sfogo di Italo Bergantini, titolare della galleria Romberg, a piazza de Ricci - si vende a Milano e a Roma se ne parla. Da allora, mi pare che le cose non siano affatto cambiate». Dunque, ben venga Gagosian, secondo Bergantrini, anche se non pensa che farà miracoli nel sistema dellarte. «È come se un pifferaio magico avesse iniziato a suonare - continua il gallerista - e Roma fosse diventata, improvvisamente, un luogo ambito. Ma è solo una questione dimmagine, mentre servirebbe più interesse da parte delle istituzioni e trasparenza sul mercato». Impassibile, Stefano dello Schiavo, che gestisce da anni Il Mascherino, a due passi da San Pietro. E perplesso che si sia sempre pronti a incensare lo straniero di turno. «Gagosian - dice - è lennesima sede daffari in un sistema in mano alle cosiddette multinazionali dellarte. E, a essere sincero, non ne posso più di questi tappeti srotolati ai giganti doltreoceano, mentre noi sudiamo». Altro che «rinascita» romana. «Roma è stata una capitale dellarte contemporanea nel 62 - continua dello Schiavo - ma oggi non muove niente, a parte laria fritta». Tra gli scettici, anche Micol Veller, che ha fatto del suo spazio, Vm21 di via della Vetrina, un punto di riferimento per i giovani. «Ho limpressione - confessa - che le gallerie straniere non siano interessate a partecipare alla vita culturale della città, ma solo a fare affari». E la sua previsione è che il magnate a stelle e strisce farà lo stesso. «Gagosian ha 150 dipendenti in tutto il mondo ed è talmente legato al mercato che la strategia di aprire a Roma mi pare ovvia». Come alternativa Micol suggerisce di non isolarsi e consolidare la rete dei galleristi romani. Una posizione condivisa da Mauro Nicoletti, alla guida del Magazzino dArte Moderna. «Che il mercato spinga di più allestero - dice - è un dato di fatto, ma noi abbiamo qualità ed energie personali che vanno valorizzate. Purtroppo, in Italia regna lindividualismo e si fatica a fare sistema». Dal suo punto di vista, la carica degli stranieri può essere un incentivo. «Lapertura di Gagosian darà uno stimolo, specialmente ai giovani, che soffrono un po di provincialismo e potranno aprirsi alla scena internazionale». Della stessa idea, Lavinia Filippi, che guida la filiale romana di Lipanjepuntin a via di Montoro, con sede a Trieste. «Penso - è il suo parere - che gli allarmi di questi giorni siano esagerati. Il mercato, ormai, è diventato un luogo effimero e anche le opere darte si comprano su Internet. Se grandi galleristi scelgono Roma, vuol dire che finalmente qualcosa si sta muovendo».
Crede sia stata solo una montatura mediatica, invece, Valentina Bonomo, con una galleria che porta il suo nome al portico dOttavia. «La stampa si sta agitando in modo eccessivo e da mesi non si parla daltro. A noi galleristi tanto interesse non può che giovare, ma penso che nellarte contemporanea ci sarebbe ben altro di cui parlare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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