E l’islam fa proseliti tra gli indios

Un nuovo gruppo, Hezbollah Venezuela, impone velo e Corano alle tribù della giungla

La fede non ha confini, ma trovare una tribù indios del Venezuela pronta a pregare Allah e imporre il velo alle donne era, un tempo, abbastanza improbabile. Ora non più. Grazie a Hugo Chavez e all’amicizia tra Caracas e Teheran, l’islam sciita ha superato ogni frontiera. Da qualche anno la giungla a nord ovest di Maracaibo è il terreno di cultura di un nuovo esperimento politico-etnico-religioso, la provetta in cui si distillano le schiere «islamico latine» pronte a sfidare gli yankee di Washington. Per creare l’esplosivo miscuglio sono bastati un visionario avventuriero deciso a trasformarsi in un novello comandante Marcos islamico, la messa al bando dei missionari cristiani e la buona volontà di qualche mullah iraniano pronto a sostituirli. Così centinaia di giovani della tribù Wayuu hanno incominciato a recitare il Corano e a tirarsi dietro moglie e fidanzate nascoste da un esotico velo nero.
Le foto dei militanti religiosi e delle loro donne destarono poca attenzione fino al 23 ottobre di un anno fa quando la polizia di Caracas trovò un paio di bombe destinate a esplodere davanti all’ambasciata americana e a quella israeliana. Gli ordigni nascosti in una scatola erano avvolti in volantini firmati da uno sconosciuto Hezbollah Venezuela. Indagando sul fallito attentato la polizia mise le mani su José Miguel Rojas Espinoza, uno studente con in spalla uno zaino pieno di pani d’esplosivo, filo elettrico e inneschi. Ancor prima che Rojas Espinoza confessasse, Hezbollah Venezuela rivendicava l’attentato sul proprio sito internet definendo lo studente «un fratello mujaheddin».
L’avvento delle bombe islamiche era stato annunciato nell’agosto 2006. Mentre in Libano infuriava la guerra tra Israele e l’autentico Partito di Dio, uno sconosciuto comandante Teodoro, nominatosi leader di Hezbollah Venezuela, proclamava l’avvio del jihad in Sudamerica e annunciava l’imminente esplosione di alcune bombe. La storia del «Nasrallah» in miniatura era incominciata alla fine degli anni Novanta tra le capanne di un villaggio Wayuu dove l’allora Teodoro Darnott propagandava la lotta all’America e al capitalismo. Il futuro «comandante Teodoro» capì subito che la sua primigenia fede socialcomunista aveva ben poco futuro e decise di sfruttare al meglio la nascente amicizia tra il presidente Hugo Chavez e la Repubblica islamica. Da lì a mettere al bando dalla zona tutti i missionari cristiani e a invitare al loro posto gli emissari iraniani fu un attimo.

Ora grazie alla benedizione di Chavez, i legami con Teheran e la tessera del partito presidenziale, il Comandante Teodoro ha già fatto sapere di voler far germogliare una cellula di Hezbollah in ogni paese latinoamericano.

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