E nell’Unione c’è chi pensa che Rovati debba andarsene

Musi (Ulivo): «Ha destabilizzato il mercato». Bertinotti: «Serve un ufficio di programmazione che dia linee guida agli industriali»

Emiliano Farina

da Roma

In un silenzio tombale sul caso Rovati, l’equazione che arriva dai banchi dell’Unione per tirarsi fuori dall’imbarazzo è semplice e diretta. «Le sue ammissioni equivalgono alle sue dimissioni».
A proporre una delle soluzioni per provare a mettere ordine sul caso Telecom dopo le «confessioni» di Angelo Rovati, consigliere economico del premier Romano Prodi, è Adriano Musi (Ulivo). «Prendiamo atto dell’onestà intellettuale di Rovati che riconosce la paternità del piano Telecom - sostiene il deputato - un piano che, seppur fatto “artigianalmente”, ha gettato ombre sull’intera vicenda. Da un lato - prosegue il presidente dei repubblicani europei - ha destabilizzato il mercato e dall’altro ha attirato molte critiche sul presidente del Consiglio». Insomma, secondo Musi, il prossimo passo che Rovati dovrebbe fare è lasciare l’incarico. «Generalmente - propone il deputato dell’Ulivo - l’assunzione della colpa è accompagnata dall’istituto delle dimissioni». Quindi l’invito esplicito a Rovati a «meditare su questa corretta valutazione». Nel dibattito che si è scatenato in seguito alle ammissioni del consigliere del premier, si è inserito anche Antonio Di Pietro che, contrariamente a Musi, tenta di alleggerire la posizione di Rovati. «Adesso tutti guardano il dito e non la luna - esordisce il ministro delle Infrastrutture - va a finire che la colpa è del povero Rovati...». Quindi propone la sua personale ricetta. «L’affare Telecom è una speculazione finanziaria, una storia di scatole cinesi - sottolinea il leader dell’Italia dei valori - ed è su questo grave fatto che il governo si deve concentrare. Sarebbe sbagliato tirare per la giacchetta Prodi perché il premier non c’entra niente. E di Telecom - conclude - non abbiamo mai parlato».
Dalla festa dell’Udc il vicepremier Francesco Rutelli dice di non poter commentare perché ancora non ha «il quadro strategico dell’azienda». E aggiunge: «Non possiamo dare via libera a un’operazione di cui non è chiaro l’approdo conclusivo». Sulla questione, interviene anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti: «Ci vorrebbe un ufficio di programmazione in grado di fornire indirizzi agli industriali, liberi poi di accettarli o meno». E poi lancia anche una frecciata a Prodi: «Non so se sapesse, io non sto a Palazzo Chigi, tuttavia immagino che tra uomini del governo e grandi imprenditori ci si parli. Se si fossero incontrati in un “hearing” parlamentare tutti saprebbero ciò che si sono detti».
Nonostante le «confessioni» di Rovati siano ormai di dominio pubblico, i commenti sul comportamento del consigliere di Prodi sono pochissimi. E quando arrivano riguardano il caso Telecom in generale. Così il segretario di Prc, Franco Giordano. «Voglio stare fuori dalle dinamiche del guardare la vicenda Telecom dal buco della serratura. Il governo può intervenire sul tema delle concessioni, dove si può tornare ad avere uno spazio pubblico».

Stesso discorso per il sottosegretario all’Economia Paolo Cento. «La contrarietà dell’Unione Europea al possibile utilizzo della golden share da parte del governo non sia un alibi per l’inerzia», rileva il deputato dei Verdi.

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