E Piazza Affari si scopre a sei zampe

da Milano

Una Borsa petrolifera. Così si può definire non già il mercato azionario degli Emirati Arabi, ma la stessa Piazza Affari. Basta guardare il risultato del «ribasamento» degli indici azionari di Mediobanca, comunicato ieri. Si tratta di un’operazione tecnica che aggiorna i pesi dei titoli che compongono gli indici in questione in base a un mix di valore e flottante. E che avviene ogni cinque anni (l’ultima era del 2001, la precedente del ’96).
Ebbene, a scorrere i pesi dei singoli titoli nel corso dell’ultimo decennio, fatto 100 quello dell’Eni, colosso petrolifero di casa nostra, si nota che mentre il cane a sei zampe mantiene costante il suo valore relativo, alcuni campioni della corporate Italia si sono ridotti al lumicino. Fiat per esempio: nel ’96 valeva 166 contro 100 di Eni. Oggi è ridotta a quota 8,9. Destino simile per Generali: dal pesare 3,6 volte l’Eni nel ’96, il Leone triestino è sceso a poco più di 0,45. Una rivoluzione che di certo dipende anche dal maggior numero di titoli Eni che il Tesoro ha messo sul mercato. Ma non solo. Si è difesa, invece, la Telecom, che 10 anni fa pesava 48,8 contro 100 di Eni e che oggi è a 42,7 (dopo essere scivolata fino a 29 nel 2001).


Ma le vere uniche eccezioni sono le banche: il processo di integrazione ha dato i suoi frutti e a fronte di un peso di 8,4 (sempre contro 100 di Eni), Intesa è arrivata a 25. Mentre Unicredito è passata da 56,8 a 73.

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