Era un caldo giorno di luglio, arrivai al Giornale verso le 15.30. Avvicinandomi all'ingresso vidi stagliarsi, a pochi passi, l'alta figura di Montanelli. Noblesse oblige, rallentai di quel tanto che permise al direttore di precedermi. L'ascensore si arrestò, le porte si aprirono e Indro ci s'infilò agilmente. Solo allora si accorse che non era solo. Silenzioso come un'ombra lo avevo seguito e avevo approfittato del passaggio.
Fu allora che cominciò quel memorabile scambio di opinioni tra un monumento del giornalismo e un oscuro cronista. Lo riporto. Indro, distaccato ma cordiale: «Ciao, dove vai?». Io, deferente ma deciso: «Buongiorno Direttore, al quinto». Indro: «Bella giornata, oggi, vero?». Io: «Sì, certo, Direttore, anche se forse fa un po' caldo (L'ascensore rallenta, Montanelli capisce che la conversazione volge al termine e cerca una chiusa). Indro, quasi con imbarazzo: «Scusa, tu sei?». Io, colto dal panico: «Bonessa, Direttore, sono Bonessa, della cronaca di Milano».
Indro, flemmatico e soddisfatto: «Ah, sei uno dei nuovi, scusa, ma con tutto questo viavai di redattori...». L'ascensore si ferma. Le porte si aprono, Indro sparisce e mi lascia lì. Era il 1992 e io ero al Giornale dall'1 agosto 1986.
Giacomo Bonessa
allora cronista
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