Ariela Piattelli
da Roma
Gli ebrei di sinistra si sentono traditi da Massimo DAlema. La polemica sullintervista del ministro degli Esteri sullUnità di venerdì scorso non si placa. Per il mondo ebraico sostenere, come fa DAlema, che gran parte delle responsabilità della crisi in Medio Oriente appartengono a Israele è lennesima conferma che il governo è sordo rispetto alle ragioni dello Stato ebraico. E i più delusi sono proprio quegli ebrei italiani che DAlema lo hanno votato. Sono quegli ebrei di sinistra che lo hanno sostenuto nella corsa alla Farnesina, e che oggi fanno eco alla dura risposta data nei giorni scorsi dagli esponenti dellebraismo moderato come Riccardo Pacifici e Yasha Reibman. «Sono deluso e amareggiato - dice il diessino Victor Magiar, esponente della Comunità ebraica romana -. Sono anni che mi batto per la pace in Medio Oriente, una pace che andrebbe ricercata aiutando Abu Mazen e Olmert a collaborare, e non accusando governi e popoli. Lopinione di DAlema non è equilibrata. Perché DAlema non riconosce le responsabilità di chi lancia missili e bombe tutti i giorni su Israele?». Oltre alla critica sferrata contro lo Stato ebraico e al silenzio dalemiano circa la pioggia di missili che costantemente colpisce Israele, cè una frase di quellintervista che non è andata proprio giù agli ebrei di sinistra. È quella in cui il ministro lamenta che la richiesta dello scrittore David Grossman al governo israeliano di non ricorrere solo alluso della forza «non trovi una eco nel mondo democratico ebraico», e ciò, secondo il ministro, «non può non porre preoccupanti interrogativi». Alle orecchie dellebraismo italiano questa frase è suonata come un «Jaccuse» rivolto proprio agli ebrei di sinistra. «Siamo noi, e molti altri come noi, gli ebrei silenti che DAlema chiama in causa - scrivono in una lettera aperta i membri del gruppo Martin Buber-Ebrei per la pace -. Rovesciando la tesi (di DAlema ndr), a noi proprio questa affermazione pone preoccupanti interrogativi. Suona come una messa in stato daccusa degli ebrei italiani, destinata a influenzare unopinione pubblica già pregiudizialmente ostile a Israele».
«È una frase che non ha senso - dice Claudia Fellus della Comunità ebraica romana -, non ha senso perché allude a un altro ebraismo non democratico». E in realtà, il «Jaccuse» dalemiano ha riportato nella mente degli ebrei italiani i fantasmi dell82, quando Israele era in guerra con il Libano e la sinistra italiana chiedeva agli ebrei di schierarsi contro la politica israeliana, di dividersi tra «buoni e cattivi». E poco dopo, in un clima di ostilità diffusa, ci fu lattentato terroristico alla sinagoga di Roma per mano di un commando palestinese. «Le affermazioni di DAlema rappresentano esattamente la ragione che nell82 mi ha spinto a uscire dal partito comunista - spiega il professore universitario Giorgio Israel, esponente di Per Israele -. Oggi il ricatto è lo stesso.
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