Vent’anni fa c’era Ettore Scola con la sua Famiglia, quell’inarrivabile dipinto della buona borghesia italiana che Vittorio Gassman teneva in piedi a furia di rigori, pranzi della domenica e un po’ di rigida tristezza, tenendosi saldo su ingenuità mai consumate. Amava da una vita la cognata ma rimaneva composto nel suo matrimonio anche dopo la morte della moglie. Tanto non si può rivivere la vita da capo... E nel frattempo, scivolando sulle «pattine», passavano intere generazioni nei lunghi corridoi di quella sua casa sobria e piena di libri nel quartiere Prati di Roma. Punizioni demodè: sia le pattine, sia la fedeltà. Come la stessa vita tutti i giorni: roba d’altri tempi.
Per descrivere la famiglia, oggi, tocca allargare un po’ la prospettiva. E tocca allargare la famiglia tutta, oltre che la prospettiva. Non si trova più il mastice per certe unioni, si scolla tutto in fretta e si ricomincia altrove, con qualcun altro. Si cambiano desideri mentre li si esprime e una sola scelta non può durare tanto a lungo. Oggi Scola si dovrebbe concentrare sulle famiglie allargate. Come fa la tv che ha il fiato per stare dietro a ogni cambiamento mentre avviene, che ha la ripresa adatta a inseguire l’irresponsabile logica delle emozioni.
Domani ripartono i Cesaroni (in prima serata su Canale 5) e per la quarta stagione mischieranno le carte del loro complesso cespuglio genealogico. Claudio Amendola cambierà compagna (fuori Elena Sofia Ricci, che si prenderà una pausa di riflessione, dentro Barbara Tabita, nuova fiamma di Giulio Cesaroni), Antonello Fassari convolerà a giuste e tardive nozze, i fratellastri-fidanzati Alessandra Mastronardi e Matteo Branciamore si troveranno alle prese con la loro bimba appena nata. Tutto al tintinnio della bottiglieria alla Garbatella, in quella cucina piena di tazze Ikea che sforna caffelatte a ogni ora, in quel soggiorno con i copri-divani e le sacche per lo sport dei ragazzi accatastate negli angoli. Sono moderni ma sono anche tradizionalissimi i Cesaroni, col loro microuniverso sostanzialmente privo di scossoni, con le loro trasgressioni completamente prive di trasgressione.
Oggi che accanto ai Cesaroni arriva Modern Family (tutti i venerdì alle 22.20 su Fox Life), quelli della Garbatella sembrano la versione analcolica della famiglia allargata, la Diet Coke dei rapporti aperti. Un mockumentary (cioè una serie camuffata da documentario in cui si confondono realtà e finzione, un po’ alla Zelig di Woody Allen, per intendersi) che è la cuspide dei moderni legami. C’è il centro (o l’epicentro, sarebbe meglio dire) di tutto questo variegato accrocchio legal-sentimentale: si chiama Jay Pritchett, si è portato a casa una seconda moglie sventola (Gloria), drammaticamente più giovane, di nazionalità colombiana (politically correct) che ha seni eretti a sistema e un figlio a carico, il cicciottello e riflessivo Manny. Manny ha i capelli pettinati in verticale ma sotto, idee scolpite da solitudine e tormenti molto più ordinate di tutti gli adulti che lo circondano. E ti strappa il cuore Manny, quando, accovacciato sul vialetto della casa del patrigno (giardino e colonne bianche, molto made in Usa) con i suoi rotoli di ciccia infelice che gli segnano la polo Ralph Loren e la valigina gonfia da figlio di separati aspetta invano a il suo ex padre che è troppo cretino per arrivare a prenderlo e portarlo a Disneyland come promesso. E allora, inaspettatamente, c’è Jay a rimediare. Naif, panzuto, grossier ma presente e ci mette una pezza egregiamente. Jay che però ha altri figli “pregressi” ed emotivamente rognosi: un’ipernevrotica ossessiva e un gay depresso ma entusiasta, come tutti i depressi... Uno che alla riunione dei genitori all’asilo, prima si imbarazza e poi si lascia andare a un ballo scolla-anca... E poi tutti gli altri. Insomma, una famiglia moderna per davvero. Tenuta assieme, per di più, dai dialoghi americani che sono il vero lusso. Se in ogni casa, si riuscisse ad esprimersi come in una sitcom Usa, nessuno più si separerebbe, nessuno più sarebbe infelice, frustrato o annoiato. Eccolo il nostro tallone d’Achille.
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