Un meteorite cade e porta la devastazione. Dopo il botto, sui tetti delle case i reduci accendono fuochi per testimoniare la loro presenza e cercare un contatto con altri sopravvissuti. Un po' La strada di McCarthy, un po' il tolkeniano occhio di Sauron. Michele Rech, in arte Zerocalcare, gioca tra alto e basso, come suo solito, per descrivere l'allestimento della sua mostra milanese, intitolata Dopo il botto, aperta alla Fabbrica del Vapore (fino al 23 aprile). Una carrellata di 500 opere che delineano la parabola artistica del fumettista di Rebibbia (nato però nell'aretino), attraverso tavole originali, bozzetti, illustrazioni, video.
La mostra si muove su due binari. Le tavole tratte dai suoi bestseller raccontano lo Zerocalcare più intimo, alle prese con le angosce, le paure, la precarietà e gli accolli - del vivere quotidiano. Una situazione comune a tanti dei suoi lettori, che si ritrovano nelle situazioni e nei personaggi disegnati dall'autore. Ma soprattutto l'esposizione ha il pregio di calare Michele Rech all'interno della tribù di appartenenza: il movimento antagonista, la galassia dei centri sociali, la scena punk. Il successo della serie Netflix Strappare lungo i bordi ha accresciuto il suo pubblico, arrivando a persone che forse non hanno letto i suoi fumetti.
Di sicuro sanno poco o nulla della sua militanza. Zerocalcare mette le mani avanti e ne approfitta per mettere in chiaro che nasce disegnando illustrazioni per dischi e concerti punk nei centri sociali, storie a fumetti per piccole fanzine, locandine per manifestazioni di protesta. Il suo supporto alla galassia antagonista non è mai venuto meno, lo dimostrano i disegni realizzati per fabbriche occupate, collettivi femministi, associazioni No-tav... Nelle storie brevi ha trattato temi impegnati come la situazione nelle carceri e il 41 bis, i gruppi neofascisti, la vicenda di Ugo Strati (il quindicenne ucciso a Napoli durante una tentata rapina con una pistola giocattolo). Senza dimenticare il costante sostegno alla causa curda testimoniato dal lungo reportage Kobane Calling, realizzato dopo un viaggio nel Rojava durante i combattimenti tra la popolazione locale e lo Stato Islamico, e l'interesse mostrato verso le sofferenze del popolo ezida con il libro No sleep till Shengal.
Il botto, già. La pandemia poteva essere un modo per ripensare l'idea che sta alla base della nostra società; invece, il Covid ha funto da acceleratore di quelle dinamiche che hanno lasciato nelle persone «lacerazioni orizzontali, verticali, oblique». Chiusi nelle nostre case, con i social come unica possibilità di confronto, le divisioni si sono acuite e ogni discussione si è trasformata «in una jihad personale». Per uscirne dobbiamo riappropriarci della fisicità dello stare insieme, ricostruire i rapporti che si sono persi. Zerolcalcare si rende conto che «il mondo non ha bisogno di Cassandre» bensì di qualcuno che risolva le crisi in atto.
«Io sono un fumettista, sono bravo a indicare dove sta un problema, ma non sono in grado di dare soluzioni», si schernisce. Eppure, una possibilità esiste: «la collettività, bisogna ripartire da lì». Non è detto che funzioni, ma dobbiamo provarci. Insieme, dopo il botto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.