I soliti illusi dell’informazione nostrana sono eccitati. Vedono le piazze egiziane muoversi a ritmo di twitter ed internet e vanno in brodo di giuggiole. Ascoltano i Fratelli Musulmani chiedere elezioni e li promuovono al rango di sinceri democratici. Dimenticano che anche Khomeini era al passo con i tempi e usava le cassette audio per distribuir sermoni e beffare la censura. Dimenticano il “credo” della Fratellanza Musulmana che recita «Il Corano è la nostra costituzione, il Profeta è il nostro leader, la guerra santa la nostra via, la morte per Allah la più alta delle aspirazioni».
Per fortuna a chiamar le cose con il loro nome ci pensano gli iraniani e i loro sodali libanesi di Hezbollah. Per il ministro degli Esteri di Teheran Ali Akbar Salehi la rivolta egiziana segna la fine «del controllo della regione da parte dell’ arroganza globale». Per lui la protesta anti Mubarak «garantirà la nascita di un Medio Oriente islamico ... in grado di contrapporsi all’occupazione sionista». Ancor più chiaro parla il numero due di Hezbollah Sheikh Naeem congratulandosi con «l’orgoglioso popolo egiziano per il suo rifiuto di ogni rapporto con Israele e l’aspirazione alla libertà, all’indipendenza e alla dignità».
Gli schieramenti sembrerebbero chiari. Da una parte ci sono l’Occidente, il vice presidente Omar Suleiman e l’esercito egiziano uniti dall’idea di garantire una transizione ordinata alle elezioni salvando il Paese da caos, fondamentalismo e violenza. Dall’altra ci sono l’Iran, i suoi alleati e gli integralisti decisi a spezzare i legami tra Cairo e Occidente, cancellare la pace con Israele e imporre uno Stato confessionale governato dalla sharia. Ma tutto ciò non basta a convincere illusi e “anime belle”. Per loro non contano i fatti, ma le parole. Quelle con cui in un’intervista il portavoce Essam Eryan smentisce le aspirazioni della Fratellanza Musulmana ad un “emirato islamico” e dichiara che «i cristiani copti dovrebbero avere gli stessi diritti dei musulmani». Quelle parole diventano la prova più evidente dell’ambiguità, della doppiezza e della pericolosità della Fratellanza Musulmana. La moderazione mediatica del signor Eryan fa a pugni con le tesi del Dottor Muhammad Badi, nominato un anno fa “Guida” della Fratellanza Musulmana egiziana. Sentite con quale moderazione, il 7 marzo 2010, il Dottor Badi discetta di rapporti internazionali sul sito ufficiale della Fratellanza Musulmana egiziana (www.ikhwanonline.com ): «Bisogna metter fine agli assurdi negoziati, sia diretti che indiretti, ed appoggiare tutte le forme di resistenza per liberare ogni pezzo di terra occupata in Palestina, Iraq, Afghanistan e nel resto del mondo musulmano. La fonte della vostra autorità, come concordano gli studiosi di religione - spiega Bani rivolgendosi ai governanti arabi - sono il Corano e la Sunna e non le risoluzioni dell’Onu o i diktat sionisti e americani».
Certo neppure questo convince le “anime belle”. Loro suggeriscono di studiare programmi e manifesti politici. Quello che più li soddisfa viene varato dai Fratelli Musulmani alla vigilia delle elezioni del 2005. Eppure anche qui il sotterfugio usato per attribuirsi una patente di riformismo democratico è palese. Quel documento non orienta l’intero movimento, ma solo l’attività politica dei rappresentanti mandati in Parlamento. E manco così il giochino funziona. Il retroterra integralista nascosto sotto il tappeto salta fuori ad ogni passo. È proprio la carta del 2005 a discriminare i cristiani copti, sostenendo che le più alte cariche del Paese (presidenza e premier) devono andare solo ai musulmani. È proprio la Carta del 2005 a ricordare di difendere la bontà della sharia in ogni dibattito politico e di battersi per la creazione di un collegio d’esperti religiosi a cui affidare la ratifica delle leggi votate dal Parlamento. Se non è Emirato cos’è? Forse una sua forma più sofisticata. Forse una Repubblica Islamica assai simile a quella iraniana, dove l’organo chiamato a verificare la rispondenza delle leggi alla religione esiste già e si chiama Consiglio dei Guardiani.
Ma le “anime belle” risponderebbero di non fare di tutta l’erba un fascio, garantirebbero la buona fede dei futuri candidati del movimento. Ed allora godetevi la moderazione del “fratello musulmano” Rajab Hilal Hamida che nel 2006, dall’alto del suo scranno parlamentare così declama: «Dal mio punto di vista Bin Laden, Al Zawahiri e Al Zarqawi non sono terroristi nel senso accettato da qualcuno.
Io appoggio tutte le loro attività, dal momento che sono una spina nel fianco di americani ed egiziani... Per questo dobbiamo chiamare le cose con il loro nome».E voi care “anime belle” i Fratelli Musulmani come li chiamate? Sinceri democratici o astuti integralisti?
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