La Lega ha in mano le sorti del Paese: neppure troppo paradossalmente, questo pare essere il verdetto delle urne. E i risultati definitivi dovrebbero confermarlo. Bisognerà vedere infatti quale uso politico farà Bossi - deluso e amareggiato- di questo voto amministrativo nei rapporti con l’alleato di sempre, il Pdl, a cominciare da oggi. Intendiamoci, le elezioni non sonostate molto favorevoli al Carroccio, che s’è differenziato troppo tardi dal Pdl. Al di là del federalismo conquistato in questi due anni, l’alleanza - in chiave nazionale - con il Cavaliere risultava infatti complessa e delicata da proporre alla base dei militanti nel contesto delle elezioni amministrative, dunque di un voto fortemente territorializzato; voto pragmatico ma anche fondato sulla disillusione ai limiti dello scetticismo e della perplessità, ancorato al prestigio e alla fiducia riposta nel candidato locale. L’avversione alla guerra alla Libia e la difesa della magistratura sono posizioni assunte dalla Lega solo poche settimane fa. Smarcarsi alle elezioni amministrative, oltretutto, è facile e difficile nello stesso tempo. È facile perché si può fare leva sulla territorializzazione del voto; è difficile perché dietro il voto territoriale v’è comunque la legittimazione o meno del governo nazionale. Questa della territorializzazione è la vera chiave di lettura del voto, insieme alla credibilità dei candidati, dunque alla selezione della classe politica da parte dei partiti, che sono i veri portatori del potere politico. Non è un’eresia definire territoriale anche il voto - davvero qualunquista - al movimento dei grillini; movimento anti-casta, che ha un suo «territorio» on line, cioè nel web e nei blog.Tra vent’anni ci renderemo conto di quanto pericolosa sia questa deriva. La Lega in parte capitalizza il voto là dove corre da sola, anche se risente della concorrenza delle liste civiche, espressione di un voto locale che, solo in alcune circostanze, la Lega è riuscita a interpretare sino in fondo. Basta fare l’esempio del senatore Cesarino Monti, già capacissimo sindaco di Lazzate, città ai confini settentrionali della provincia di Monza e Brianza. Monti- a suo tempo- aveva ribaltato la città come un calzino, ne aveva rinnovate le strutture pubbliche, l’aveva riorganizzata. E si era imposto come un modello positivo dei tanti bravi sindaci della Lega che governano il territorio padano. Dopo una legislatura di «astinenza», Monti s’è ripresentato alle elezioni amministrative di Lazzate e ha vinto a mani basse, con il settanta per cento dei voti e senza fare campagna elettorale. Questa è la Lega vincente. Come quella che rappresenta Attilio Fontana, sindaco uscente di Varese la città di nascita del Carroccio - e presidente dell’Anci Lombardia, che dovrebbe passare al primo turno. Oppure quella che rappresenta Fabrizio Cecchetti, presidente della Commissione bilancio della Regione Lombardia e candidato sindaco a Rho, probabilmente destinato - è una sorpresa positiva al ballottaggio. Che la partita milanese fosse davvero difficile per l’alleanza di governo, al di là delle ultimissime vicende della campagna elettorale e delle polemiche che hanno coinvolto i due principali candidati, era cosa nota. Un big come Roberto Formigoni, sempre catalizzatore di grandi consensi, alle elezioni regionali di un anno fa non aveva superato il cinquanta per cento a Milano città. Ma un ballottaggio con la Moratti costretta a inseguire rappresenta la realizzazione della peggiore delle prospettive preelettorali. E Milano, in ogni caso, è sempre stata terra ostile per la Lega. Città poliedrica e multiforme, prevalentemente terziarizzata, non ha mai visto nella Lega quel movimento di rappresentanza e di tutela dei propri interessi che solo in parte sono organizzati a livello territoriale. I veri interessi, infatti, sono altri, sono quelli dei tecnocrati e del mondo della finanza. Milano non è una comunità territoriale compatta e coesa, è una metropoli. Ecco perché la Lega ha con essa un rapporto da sempre molto difficile.
Ma verrà il momento in cui la capitale meneghina riscoprirà la sua gloriosa tradizione civica, nell’epoca della postmodernità. E allora tornerà nelle mani della Lega. Che, tuttavia, per ora deve lasciare il passo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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