Finanza sostenibile e sviluppo dei Paesi più fragili: il caso virtuoso della Namibia

Sostenibilità e attenzione ai finanziamenti che arrivano dai Paesi alleati del Commonwealth: per la Namibia, Paese grande e poco popolato, i finanziamenti allo sviluppo puntano alle tecnologie più pulite

Finanza sostenibile e sviluppo dei Paesi più fragili: il caso virtuoso della Namibia
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La Namibia delegherà alla sostenibilità buona parte dei suoi obiettivi per la crescita futura. Il Paese dell'Africa Sud-Occidentale, affacciato sull'Oceano Atlantico, forte di una relativa stabilità politica e dell'appartenenza al Commonwealth delle Nazioni dell'Anglosfera in relazione con le ex colonie di Sua Maestà sta promuovendo una strategia di sviluppo che fa della finanza sostenibile il suo pivot.

Bank Windhoek, Agriculture Bank of Namibia e Development Bank of Namibia sono le tre istituzioni finanziarie del Paese che stanno lavorando in sinergia col governo centrale e il Commonwealth per mettere a terra un grande progetto di finanziamento alle imprese desiderose di innovare i processi per la gestione dell'efficienza energetica, della tutela delle fonti idriche, per lo sviluppo dell'agricoltura.

Col sostegno del Climate Finance Access Hub (Cfah) finanziato dal Regno Unito, dal Canada, dall'Australia e dagli altri principali Paesi membri, scrive il Commonwealth sui suoi canali ufficiali, "la Namibia sta sfruttando le attività dell'economia blu tra cui pesca, estrazione mineraria, trasporto marittimo e logistica, desalinizzazione dell'acqua e turismo. Il Paese sta attualmente perseguendo la produzione di idrogeno verde dall'energia eolica costiera, solare e mareomotrice con l'obiettivo di mitigare le emissioni di gas serra dal settore energetico e stimolare la crescita economica". Su questo fronte, in particolare, la produzione di idrogeno mira a costruire un hub nel Sud-Ovest dell'Africa che possa fare asse con Paesi come il vicino Sudafrica, prima economia del continente per capacità tecnologiche e strategie di sviluppo, e soprattutto con la Germania, che con il suo fondo Next Generation Eu dedicherà molte risorse al ciclo dell'idrogeno e alla partnership con i Paesi africani, prima fra tutti la sua storica ex colonia namibiana.

In due anni, il governo di Windhoek e il grande e poco popolato Paese di 825mila chilometri quadrati e 2,7 milioni di abitanti hanno ricevuto 1,2 miliardi di sterline in finanziamenti green. Una cifra che ogni anno ha portato quindi a finanziamenti alla crescita sostenibile diretti alla Namibia del valore di circa il 5% del suo Pil, finalizzati a mitigare gli effetti del cambiamento climatico nella terra dove il deserto incontra l'oceano.

La Development Bank of Namibia, inoltre, ha varato di recente il Sustainable Finance Framework (Sff), un fondo destinato a promuovere la crescita a tutto campo e favorire i partenariati pubblico-privati col sostegno del governo centrale e dei Paesi vicini. La mossa della Namibia è interessante perché rappresenta una prima volta in cui un Paese africano e in via di sviluppo vuole sfruttare la risposta alle emergenze ambientali e climatiche come volano di sviluppo. Promuovendo adattamento e percorsi di crescita come alternative alla marea montante dell'impatto del cambiamento climatico sui Paesi del Sud globale. Ci sarà spazio, inoltre, anche per il litio e la futura estrazione di materie prime strategiche. Qua il capitale sarà in futuro cinese da un lato e tedesco dall'altro. La Namibia vuole fare della sostenibilità il suo cavallo di battaglia.

E se la strategia riuscirà a evitare a Windhoek di diventare oggetto della competizione tra potenze per la transizione energetica il grande e poco popoloso Stato africano potrà diventare un esempio di un nuovo modello di sviluppo per il continente.

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